Trump Begins Lifting Sanctions on Russia: ‘Deals with Moscow’s Secret Services Made Possible’*

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Trump toglie le prime sanzioni alla Russia: “Possibili affari con i servizi segreti di Mosca”

L’amministrazione Usa minimizza la portata della decisione ed esclude che si tratti del primo passo per la completa rimozione delle limitazioni al commercio

NEW YORK – È la prima sanzione contro la Russia a cadere, meno di una settimana dopo la telefonata fra Donald Trump e Vladimir Putin. La notizia la dà il Dipartimento del Tesoro e la presenta come se fosse una decisione tecnica, ma l’impressione è che sia il primo mattoncino a cadere, nell’edificio delle sanzioni che furono decise dagli Stati Uniti (in accordo con gli alleati europei) dopo l’annessione della Crimea.

Il comunicato del Tesoro Usa dice semplicemente che viene riautorizzato un flusso di affari “limitato” con i Servizi di Sicurezza Federali della Russia, quell’Fsb erede del Kgb. È sempre il Tesoro Usa a definire questo provvedimento come una “agevolazione di portata minore”. E tuttavia è la cancellazione di un divieto introdotto dall’amministrazione Obama, che proibiva qualunque transazione superiore ai 5.000 dollari annui.

Anche il Dipartimento di Stato – ora diretto dall’ex chief executive della Exxon Rex Tillerson che ha ricevuto la conferma del Senato alla sua nomina, ed è un noto amico di Putin – si affretta a precisare che la mossa odierna sarebbe una decisione “tecnica”, volta a “evitare conseguenze indesiderate” nelle attività governative americane con la Russia. Infine la Casa Bianca interviene a ribadire che non si tratta (ancora) di rimuovere le sanzioni, bensì di un “aggiustamento di routine”.

Tanti sforzi per minimizzare, non fugano l’impressione che qualcosa si stia muovendo. Perché le “conseguenze indesiderate” di quella restrizione non erano apparse tali durante la presidenza Obama? Perché cominciare a rimuovere una sanzione che riguarda proprio i servizi di sicurezza federali della Russia, dopo tutte le rivelazioni della Cia sulle interferenze di quegli stessi servizi nella campagna elettorale americana? Cosa può esserci di “routine” in una decisione così delicata, su un terreno esplosivo.

Come sempre, Trump brucia le tappe, mantiene le promesse, a una velocità superiore all’immaginazione. Va ricordato che della telefonata di sabato con Putin era stato il Cremlino a fornire le versioni più dettagliate. E vi figurava in bella evidenza il comune proposito dei due leader di “normalizzare” i rapporti economici bilaterali. Senza pronunciare (ancora) la parola sanzioni.

È sconcertante che la prima delle sanzioni a cadere riguardi proprio l’ex-Kgb. E che nella sostanza si tratti di autorizzare la vendita di tecnologie nell’ambito della cyber-sicurezza. È proprio l’ambito nel quale i russi avevano mostrato di essere molto avanti, al punto da violare e saccheggiare ripetutamente diversi siti americani, governativi o facenti capo al partito democratico.

Del resto la sanzione in questione – prima introdotta da Barack Obama, ora revocata da Trump – era proprio intesa a castigare le scorribande degli hacker russi. Come minimo, quest’annuncio è un gesto con cui Trump intende minimizzare tutte le vicende di cyber-spionaggio per scrollarsi di dosso i sospetti che riguardano la propria elezione. Ma il gesto è talmente provocatorio – per quanto la Casa Bianca minimizzi – che inevitabilmente scatena una ridda di illazioni su “cosa si sono detti Trump e Putin”.

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