Uranium One: The Real ‘Russiagate’ Belongs to the Clintons

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Uranium One, il vero “Russiagate” è dei Clinton

E se fosse in realtà Hillary Clinton ad aver avuto in passato rapporti controversi con la Russia? Come rende noto Nbc News, su ordine del procuratore generale Jeff Sessions, il Dipartimento di Giustizia ha interrogato nei giorni scorsi alcuni agenti dell’Fbi in merito ad alcune prove che i federali raccolsero sulla vendita dell’Uranium One alla Rosatom, impresa statale di Mosca, nata nel 2007, nonché corpo regolatore del complesso nucleare della Federazione Russa. Si tratterebbe del “Russiagate” dei Clinton, forse meno famoso e conosciuto rispetto a quello che coinvolge il presidente Donald Trump ma certamente meno nebuloso: secondo l’accusa, quando era Segretario di Stato Hillary Clinton usò la sua carica per aiutare la Russia ad acquisire il controllo di un quinto delle riserve americane di uranio in cambio di milioni di dollari versati alla Clinton Foundation, la fondazione di famiglia.

Il Dipartimento di Giustizia Usa sta seriamente valutando di assegnare a un procuratore speciale a quest’indagine, comparsa per la prima volta sui media nell’aprile 2015 grazie a un articolo del New York Times. I recenti interrogatori di cui parla la Nbc servono proprio per verificare se l’assegnazione di un procuratore speciale sia necessaria al fine di fare luce su una vicenda ricca di interrogativi.

Uranium One: l’accusa contro i Clinton

Come spiega Federico Punzi su Formiche, nel 2013, “il colosso statale russo per l’energia atomica, la Rosatom, acquisisce il controllo della compagnia canadese Uranium One e, tramite essa, di un quinto delle riserve minerarie di uranio negli Stati Uniti per un valore di decine di miliardi di dollari. Ovviamente, essendo l’uranio un bene strategico, con evidenti implicazioni per la sicurezza nazionale, l’acquisizione ha avuto bisogno del via libera di una commissione governativa”.

Mentre i russi presero gradualmente il controllo di Uranium One in tre transazioni distinte dal 2009 al 2013, secondo il New York Times il presidente canadese della compagnia con sede a Toronto, Ian Telfer, fece quattro donazioni diverse alla Clinton Foundation attraverso la fondazione di famiglia, per un totale di 2,35 milioni di dollari. Nel 2010, spiega Punzi, “dopo che la Rosatom annuncio l’intenzione di acquisire una quota di maggioranza della Uranium One e poco prima che venisse concessa l’autorizzazione governativa, l’ex presidente Bill Clinton incassò mezzo milione di dollari dalla banca d’affari russa Renaissance Capital per un discorso pronunciato a Mosca”.

Le rivelazioni di The Hill

A riaccendere i riflettori su un’indagine che sembrava essere finita su un binario morto è stata un’inchiesta pubblicata da The Hill lo scorso ottobre, secondo la quale prima che l’amministrazione Obama approvasse l’accordo nel 2010, l’Fbi entrò in possesso di alcune prove in merito ad alcuni episodi di corruzione, bustarelle, estorsioni e riciclaggio di denaro che vedevano coinvolti i funzionari russi. Inoltre, secondo un testimone oculare, gli uomini della Rosatom in quel periodo avrebbero speso milioni di dollari negli Usa a beneficio di fondazioni come quella dell’ex presidente Clinton, proprio nel periodo in cui il Segretario di Stato era Hillary.

Si tratta davvero di corruzione o di gravi responsabilità politiche per i Clinton? O entrambe le cose? Presto per dirlo. Certo è che l’amministrazione Obama e i Clinton difesero l’operazione Uranium One e affermarono che la sicurezza nazionale degli Stati Uniti non era in pericolo e che non c’erano “ragioni valide per opporsi all’accordo sull’uranio”. Ma se invece avesse ragione Donald Trump quando afferma che “la vendita dell’uranio alla Russia e il modo in cui è stata realizzata è un Watergate dell’era moderna”? Il Dipartimento di Giustizia sta cercando di venirne a capo.

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