L’intelligenza artificiale «beve» troppa acqua
di Massimo Sideri | 16 marzo 2024
Il consumo di energia e dell’acqua sta diventando uno dei problemi dell’Ai. La stima è che le ricerche con l’intelligenza artificiale bruceranno da qui al 2027 metà dell’acqua di una nazione come la Gran Bretagna
Dopo la fame di energia, scoppia la sete di acqua dell’intelligenza artificiale, finita in una causa a Des Moines, nello stato americano dello Iowa. Quello sull’interstatale 35 vicino alla cittadella non è un indirizzo qualunque perché qui è «nata», letteralmente, ChatGPT-4: la versione più evoluta e a pagamento dell’algoritmo generativo di OpenAi è stata addestrata in questo luogo, dove la Microsoft ha ammassato diversi dei suoi data center approfittando delle acque del fiume Raccoon. Dalle carte della causa emerge che l’Ai consuma l’acqua di 30 mila case. Non poche visto che Des Moines ha 60 mila abitanti. Ma non è nemmeno un nome qualunque quello di Kate Crawford che, in un articolo sulla rivista Nature, ha denunciato come il consumo di energia e dell’acqua stia diventando il tallone d’Achille dell’Ai.
Se il sospetto già c’era, alimentato anche dalla reticenza delle Big tech nel dare numeri precisi, la voce della Crawford diventa una prova: la professoressa che dirige il centro per l’intelligenza artificiale della New York University, è difatti anche una ricercatrice della Microsoft Research. I suoi studi, insomma, sono finanziati in parte anche dal principale finanziatore di OpenAi. La stima è che le ricerche con l’Ai bruceranno da qui al 2027 metà dell’acqua di una nazione come la Gran Bretagna. Il risultato già ora è che ogni 10-50 ricerche, ChatGPT fa fuori una bottiglia da mezzo litro. Non ci possiamo fare nulla? Forse sì: iniziamo dall’evitare di porre domande inutili, per non dire stupide, all’Ai.
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