McCain’s Card

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Fra le apprensioni diffuse per l’avversa congiuntura economica e la crisi dei mutui subprime, tempi torbidi nella campagna presidenziale degli Stati Uniti. Si ripetono controversie quanto mai esasperate su ogni questione, ormai, tra Barack Obama e Hillary Clinton. Dopo le sfide nell’Indiana e nel North Carolina, è prevedibile che il conflitto tra «Obamaworld» e «Hillaryland » sarà caratterizzato da crescenti aggressività reciproche fino alle primarie di giugno, se non fino alla Convenzione di Denver in agosto. Ma è anche prevedibile che il duello tra gli antagonisti dello stesso partito potrà favorire da ultimo lo spregiudicato conservatore John McCain, già considerato trionfatore nel suo partito per la Convenzione di Minneapolis a settembre.

Certo McCain, benedetto da Bush, dovrebbe superare l’impopolarità del suo sponsor dopo i cinque anni di guerra in Iraq. Secondo uno studio analitico d’una docente di Harvard, Linda Bilmes, quell’impresa è costata finora 3 mila miliardi di dollari (The three trillion dollar war). Secondo i calcoli dell’economista Joseph Stiglitz, l’onere finanziario della guerra senza fine sarebbe anche maggiore. Più che uno sponsor, Bush per McCain può rivelarsi un gravoso «albatro sul collo». In simili circostanze, il candidato ricorre a giudizi mutevoli e spesso incoerenti. Ora dichiara che rinunciare al presidio iracheno è impossibile, ora invece depreca i danni subiti anche dal prestigio della superpotenza e aggiunge dinanzi al World Affairs Council: «Non possiamo farci guidare solo dal nostro potere… Non possiamo fare tutto quello che vogliamo quando vogliamo.

Dovremo prestare più ascolto ai nostri alleati…». Ma conclude, come numerosi elettori, che la guerra in Iraq non consente per ora una realistica exit strategy. Contro McCain viene sollevato anche l’argomento età, 72 anni. Troppi per la Casa Bianca? Lui potrebbe rispondere che Ronald Reagan, eletto nel 1981 a settant’anni, fu presidente fino all’89. Ma preferisce ironizzare: «Sono più vecchio della Terra, ho più cicatrici di Frankenstein…». Poi presenta in pubblico sua madre, 95 anni e tuttora energica. Ma l’argomento al quale si affidano i suoi estimatori è che nessun altro può vantare una simile biografia, in guerra e in pace. Il veterano sopravvissuto al Vietnam, dopo cinque anni e mezzo di prigionia e torture, può anche ricordare i suoi venticinque anni di attiva esperienza parlamentare malgrado l’invalidità. Ma si discute su vicende personali che propagano simpatie, più che motivi di consenso politico.

Nell’ipotesi che il duello tra Obama e Hillary si riveli «fratricida» fino alla Convenzione di Denver o quasi, potrebbe insorgere un candidato di riserva, finora oscuro, «l’incappucciato alla festa». Ma chi? Potrebbe rimanere sul campo effettivo della campagna elettorale, malgrado tutto, solo McCain, che però dovrebbe vincere in troppi Stati decisivi come California, New York, Texas, Michigan, Pennsylvania, Ohio, New Jersey, Florida. E’ verosimile? I dubbi e le incerte aspettative connotano fermenti e imprevedibili stati d’animo di quella composita società. Lo scenario elettorale non consente pronostici, almeno finora. Persino gli inglesi, che scommettono sempre su tutto, questa volta si astengono.

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