Now for Obama the Problem of Hillary

<--

ST. PAUL (MINNESOTA) – Il problema di Barack Obama si chiama ancora Hillary Clinton. Dopo averla sconfitta e aver conquistato la nomination democratica, il senatore nero deve ora ricostruire i rapporti, la fiducia e le relazioni nel suo partito e deve assolutamente recuperare l’ex first lady e i suoi sostenitori. Per questo i due si incontreranno nelle prossime ore, forse già questa sera a New York, per discutere l’ipotesi di correre insieme.

Ieri Obama ha vinto il primo tempo della corsa alla Casa Bianca ma per aggiudicarsi anche la ripresa – che durerà esattamente lo stesso tempo: 5 mesi – e battere John McCain ha bisogno di unire dietro di se tutto il Partito democratico. E la maggioranza degli elettori democratici, secondo i sondaggi, gradirebbe Hillary vice di Obama.

Il senatore di Chicago ha fatto un grande discorso a St. Paul, in Minnesota, nel luogo dove a settembre si terrà la Convention repubblicana, ha attaccato John McCain accusandolo di voler continuare le politiche fallimentari di Bush, ma le parole che tutti aspettavano erano quelle sulla Clinton. Obama le ha fatto grandissimi elogi ma nessuna offerta di collaborazione: “La senatrice Clinton ha fatto storia in questa campagna, non solo perché ha realizzato ciò che nessun’altra donna aveva mai fatto prima, ma perché è una leader che ispira milioni di americani con la sua forza, il suo coraggio, e il suo impegno per le cause che ci hanno portato qui oggi. Il nostro partito e il nostro Paese sono in uno stato migliore grazie a lei”.

Poi però ha sottolineato che questo “è il tempo del cambiamento” e ha aggiunto: “Non possiamo permetterci di continuare a fare quello che è stato fatto fino adesso. E’ la nostra ora di portare nuove energie e nuove idee per affrontare le sfide che ci stanno di fronte. E’ il nostro momento di offrire una nuova direzione al Paese che amiamo”. In questo appello al futuro i Clinton sono stati descritti come degli eroi delle battaglie del passato e Obama ha sottolineato che il loro impegno è cominciato “molti anni fa”, finendo così per relegarli al ruolo di padri nobili.

Hillary d’altra parte non ha fatto nulla per rendere un riavvicinamento più facile, nel suo discorso a New York non riconosciuto la vittoria di Obama e non ha parlato di un suo ritiro: “Non prenderò alcuna decisione questa notte, nei prossimi giorni consulterò il partito per decidere cosa fare, tenendo l’interesse del partito al primo posto e con l’obiettivo di restituire ai democratici la Casa Bianca”. Poi ha rivendicato di aver conquistato diciotto milioni di voti e ha ribadito di essere il candidato più forte. Un modo per alzare il prezzo della sua uscita di scena. C’è chi dice che in discussione ci sia la vicepresidenza, o un posto alla Corte suprema o gli oltre 20 milioni di debiti accumulati, che l’ex first lady vorrebbe fossero pagati con il contributo di Obama e del partito.

Tra gli analisti politici prevale però lo scetticismo sulla possibilità di un ticket, si sottolinea che l’inimicizia è troppo forte e che non è detto che lei voglia davvero diventare la numero due del giovane senatore, così ci sono molti dubbi che lui dopo aver promesso facce nuove e fresche a Washington possa proporre agli elettori di riportare alla Casa Bianca Hillary e Bill.

Il New York Times sottolinea che la scelta del vice è uno dei passaggi più delicati e che se Obama desse l’impressione di subire le pressioni dei Clinton e di piegarsi alle loro richieste finirebbe per mostrarsi come un candidato debole e poco autorevole.

Inoltre non bisogna dimenticare che dalla Rivoluzione americana ad oggi a guidare gli Stati Uniti è sempre stato eletto un uomo bianco: l’accoppiata Obama-Clinton escluderebbe dal ticket il profilo tradizionale del presidente e rischierebbe di sommare due pregiudizi: quello di chi non vuole una donna alla Casa Bianca con quello di chi non vuole un afro-americano.

(4 giugno 2008)

About this publication