A Yale, il covo dei clintoniani che tifa Obama
“Meglio uno di Harvard che McCain”
ANNA MASERA
INVIATA A NEW HAVEN
Essere laureati a Yale non significa necessariamente essere intelligenti». La frase sarcastica campeggia sotto a un poster affisso all’ufficio postale vicino a Cross Campus, il grande prato dell’Università d’élite dove è stato inventato il codice Morse, ma anche il Frisbee, che raffigura la faccia del presidente George Bush jr: nato a New Haven, Connecticut e laureato in storia a Yale classe 1968, seguendo le orme del padre. Qui si è laureata anche Hillary Clinton, alla scuola di legge assieme al futuro marito, e presidente, Bill. Ma Hillary ha perso le primarie contro Barack Obama, laureato ad Harvard, l’eterna università antagonista dell’establishment americano. Che cosa ne pensano a Yale?
«Non ho alcuna voglia di avere Hillary come vice-presidente, d’altra parte all’inizio non ero nemmeno per Obama, avrei preferito John Edwards. Ma a questo punto, l’importante è spazzare via i repubblicani» commenta Mike Saperstein, 47 anni, che in perfetto stile Woody Allen fa il comico nei pub newyorkesi dopo essere stato un economista terzomondista a Wall Street con una laurea, appunto, a Yale nell’83. «Obama incanta quando parla e fa venire voglia di battersi di nuovo per qualcosa. McCain sembra un relitto scricchiolante recuperato da un vecchio museo. Hillary vice-presidente? Sarebbe un ticket di puro cambiamento, e la sua capacità di battersi è utile alla causa», commenta Rob Wrubel, che si è trasferito a Berkeley dopo aver rivenduto a due miliardi di dollari Ask Jeeves, il motore di ricerca che ha fondato ai tempi d’oro della Net Economy, e Knowledge Adventure, il maggior editore americano di software scolastico. Come Saperstein, è venuto per celebrare il venticinquennale dalla laurea con i suoi ex compagni di università.
«Siamo da sempre in competizione con Harvard, ma le nostre università sono della stessa privilegiata «Ivy League» (un omaggio all’edera che decora i muri dei campus) e parlano la stessa lingua, distanti anni luce dall’Accademia navale di Annapolis, da cui è uscito per il rotto della cuffia John McCain», ci tengono a puntualizzare alcuni corsisti che per guadagnarsi le vacanze fanno i camerieri ai tavoli delle «Yale Reunion». A fine maggio come ogni anno in questa cattedrale neo-gotica che si rifà a Oxford tanto quanto Harvard si rifà a Cambridge si sono dati appuntamento gli «Alumni», cioè i laureati accorsi da tutto il mondo per ritrovarsi nel decennale, il quarto o addirittura il mezzo secolo dalla laurea. Hanno portato le famiglie, da mostrare agli ex compagni di università, in un clima da rimpatriata. Alcuni sono diventati leader di grandi aziende (come Rob Glaser, fondatore di Real Networks, che per primo ha dato audio e video su Internet, grande fan di Obama), personaggi della scienza, dell’arte, dello spettacolo (come l’attrice Jody Foster, pure per Obama, approdata a Yale nell’80 quando fu ucciso John Lennon) o della politica. «Se c’è una scuola che ha istruito i top leader della nazione americana negli ultimi tre decenni, questa è Yale» concede The Boston Globe, il quotidiano della città di Harvard.
«È straordinario che una nazione che 50 anni fa era segregata abbia l’opportunità di eleggere il suo primo presidente nero: sebbene la questione razziale esista, non verrà mai fuori con McCain e questo mostra quanti passi avanti abbiano fatto gli Stati Uniti su questo punto. Il fatto che Obama abbia frequentato Harvard lo mette a suo agio con l’establishment tanto quanto l’establishment è a suo agio con lui», osserva Peter Magyar, partner a Londra di Dewey & LeBoeuf, uno dei maggiori studi legali del mondo. Metà ungherese e metà del New England, 3 figlie, è sposato a Diana Philips, americana, produttrice cinematografica («Funeral Party», «Wild Child»), classe di Yale ‘83: «Il ticket Obama-Hillary? È utile per vincere le elezioni contro i repubblicani, ma non me li vedo insieme alla Casa Bianca». Era pro-Hillary Sara Tucker, che dopo la laurea a Yale in cinese e diversi anni al Getty Conservation Institute è diventata mamma tre volte e direttrice alla scuola di direzione aziendale dell’Università della California: «Adesso che il prescelto è Obama lo voterò, e quasi tutti quelli che conosco lo voteranno, perché un voto per lui è un voto per il futuro, mentre un voto per McCain è un voto dettato dalla paura ed è ora di smetterla». La sua ex compagna di università Sara Blake, scrittrice di romanzi trasferita a Washington con due bambini e un marito professore di teatro, aggiunge: «Penso che questa volta saremo in tanti a prodigarci per portare la gente a votare Obama, gente che stavolta sarà motivata e farà la differenza».
«Certo queste elezioni costringono gli americani a guardarsi in silenzio nei loro cuori razzisti e a evolversi» riprende Wrubel, appassionato di yoga e dei suoi tre figli, oggi amministratore delegato di Aptimus, società di pubblicità online. Nick Lobenthal, che dopo Yale ha frequentato legge alla Columbia University e allena a calcio una delle tre figlie oltre a essere partner dello studio legale Teitler & Teitler a New York, sintetizza: «L’importante è cacciare i repubblicani dalla Casa Bianca. Sono stati otto orribili anni».
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