Already War Between the Obamians and the Clintonians

<--

È già guerra

tra obamiani

e clintoniani

Il posto di capo di gabinetto divide i democratici

Mancano ancora 72 ore all’Election Day ma nel team di Barack Obama è già in atto il primo duello sugli equilibri di forze dentro la nuova, eventuale, amministrazione democratica. Al centro del braccio di ferro c’è la nomina a capo di gabinetto della Casa Bianca ovvero l’uomo più vicino al presidente. Fino a questo momento il candidato in pectore era David Plouffe, il 41enne stacanovistato dal nulla la poderosa macchina elettorale di Obama, basata su disciplina nel messaggio, rispetto del top secret e un esercito di volontari, in gran parte raccolti sul web. Ma sulla strada di Plouffe adesso spunta un altro nome: Rahm Emanuel, 49 anni, ex ballerino classico, deputato di Chicago e uomo di stretta fiducia di Nancy Pelosi. A far trapelare l’avvenuto «contatto» fra Obama e Emanuel sull’«incarico di capo di gabinetto» sono state indiscrezioni arrivate all’agenzia Ap dal team di Obama, forse proprio riconducibili a Plouffe.

La scelta fra Plouffe ed Emanuel conta perché è destinata a segnare l’equilibrio fra i due team democratici ai quali appartengono: obamiani e clintoniani. Emanuel viene infatti dalla «war room» dell’amministrazione Clinton, dove si occupava di finanze e ha imparato a essere spietato, a Chicago è stato eletto facendosi conoscere come «il pitbull» e tanta determinazione lo ha portato a diventare una stella del partito quando, nel 2006, la presidente della Camera Pelosi gli affidò l’incarico di co-regista della campagna per il Congresso, che terminò con la netta sconfitta dei repubblicani. Quella vittoria portò la firma di Emanuel – assieme al senatore di New York Chuck Schumer – perché fu lui a battersi per candidare i «cowboy democratici» ovvero dei moderati nei collegi più conservatori al fine di espugnare le roccaforti repubblicane. L’operazione riuscì, ne ha fatto uno dei leader più potenti del Congresso e sicuramente il clintoniano più vicino a Obama, per le comuni radici a Chicago.

Farlo capo di gabinetto sarebbe tuttavia un segnale negativo verso il team degli obamiani, reduci da una campagna tesa a costruire un establishment diverso da quello del tradizionale partito democratico. Non a caso a sostenere la nomina di Plouffe è David Axelrod, il guru strategico di Obama che poi è anche socio di Plouffe in una società di pubbliche relazioni a Chicago.

Nel tentativo di disinnescare la mina politica il portavoce di Obama, Bill Burton, si è affrettato a precisare che «Obama non ha offerto incarichi a nessuno perché siamo ancora in campagna elettorale» e Emanuel, parlando da Columbia, in Missouri ha gettato acqua sul fuoco: «Penso a vincere le elezioni, il capo di gabinetto della campagna è David Plouffe». Il più irritato dall’intera vicenda, secondo il tam tam di Washington, sarebbe John Podesta, capo del team sulla transizione, sentitosi scavalcato da una fuga di notizie che evoca le liti fra clan politici che indebolirono l’amministrazione Clinton.

Pur di diversa matrice politica, Plouffe e Emanuel hanno in comune il fatto di essere dei duri e pensando a loro Obama tradisce la convinzione che la nuova amministrazione è attesa da una partenza tutta in salita e avrà bisogno di nervi saldi in cabina di comando. I repubblicani leggono invece le indiscrezioni sul capo di gabinetto come la conferma che se Obama sarà eletto punterà a scontrarsi, e non a collaborare, con l’opposizione. «Altro che approccio bipartisan, Obama si prepara a guidare un governo fazioso», commenta Alex Conant, portavoce del partito repubblicano.

About this publication