Ankara’s Dilemma

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Stati Uniti e Turchia hanno interessi comuni nell’area: dall’energia al Caucaso all’Iran

Il presidente turco Erdogan L’elezione di Barack Obama alla presidenza degli Stati Uniti è stata accolta con entusiasmo in Turchia. Ma al tempo stesso è stato manifestato un certo disagio da chi teme che questa scelta possa mettere a repentaglio i rapporti bilaterali fra Washington e Ankara. Soprattutto in seguito all’aperto sostegno fornito dal neo presidente a una risoluzione del Congresso americano sul genocidio degli armeni.

Quelli che si sono rallegrati invece per la sua elezione si aspettano che Obama spinga la Turchia verso un maggior rispetto dei diritti umani, delle regole della democrazia e dello Stato di diritto. Proprio per questo, altri si sentono in imbarazzo e avrebbero preferito un presidente repubblicano che apprezzasse solo a parole questi valori, basando di fatto i rapporti fra Stati Uniti e Turchia principalmente su considerazioni d’interesse strategico e di sicurezza.

I rapporti fra turchi e armeni sono stati molto tesi durante l’amministrazione Bush e hanno registrato un miglioramento solo dopo l’incontro del 5 novembre 2007 fra il presidente americano e il premier turco Recep Erdogan. La richiesta, da parte di Bush, di una maggior trasparenza dei servizi segreti militari turchi, ha contribuito a migliorare l’immagine degli Stati Uniti in questo paese e a ristabilire la fiducia.

Gli americani riconoscono che la cooperazione della Turchia è desiderabile e necessaria per risolvere molte questioni spinose che la nuova amministrazione dovrà affrontare, dall’Iraq all’Iran, al processo di pace in Medio Oriente. Inoltre, Stati Uniti e Turchia hanno un chiaro interesse comune a coordinare gli sforzi per garantire la sicurezza energetica e stabilizzare il Caucaso.

Di fronte a impegni così rilevanti, Washington e Ankara dovranno giungere a un chiarimento sulle reciproche motivazioni, preoccupazioni e prospettive. Negli ultimi dieci anni, la politica regionale della Turchia ha rispecchiato un nuovo orientamento, volto a favorire l’azione diplomatica, lo sviluppo di rapporti paritari e le iniziative locali. La sua mediazione fra Siria e Israele, l’apertura all’Armenia, il desiderio a svolgere un ruolo costruttivo nel conflitto fra Iran e Stati Uniti, sono tutte iniziative che derivano da questa propensione.

Considerata la preferenza di Obama per la diplomazia rispetto allo scontro armato, vi sono ampie potenzialità di cooperazione fra i due paesi alleati. Quando inizierà il ritiro delle truppe americane dall’Iraq, Washington chiederà alla Turchia di fornire la sua assistenza. In Afghanistan, se si arriverà a una tregua negoziata anche con i talebani, i rapporti storici della Turchia con questo paese potrebbero tornare utili per procedere alla sua ricostruzione, unica garanzia di pace e stabilità nel lungo periodo.

La classe dirigente e l’opinione pubblica turche, in generale, confideranno nel sostegno americano per un’equa soluzione del conflitto cipriota e su un maggior aiuto degli Stati Uniti nella lotta contro i curdi del PKK nell’Iraq settentrionale.

Ormai la Turchia sta riconoscendo, anche se con riluttanza, la realtà politica del governo regionale del Kurdistan. È molto probabile che i rapporti fra Ankara ed Erbil non dovranno più passare per Baghdad nel prossimo futuro. Ma i prerequisiti di un simile sviluppo sono l’isolamento, l’indebolimento e, in ultima analisi, l’eliminazione della presenza del PKK nel nord dell’Iraq e la continuità dello statuto di Kirkuk.

Infine, anche se non ultima, vi è la questione dell’Iran. La presenza per due anni della Turchia nel Consiglio di Sicurezza dell’Onu renderà consequenziale la sua intesa con le politiche della nuova amministrazione americana verso Teheran. Restia all’applicazione di sanzioni punitive contro l’Iran e propensa a firmare accordi sull’energia con questo paese, Ankara dovrà compiere difficili scelte qualora Obama decida di dare priorità alla questione iraniana e voglia introdurre un embargo.

Le realtà geopolitiche sembrerebbero attribuire, ancora una volta, grande importanza alla Turchia nella politica estera americana. In passato, la sua rilevanza strategica e l’affidamento che gli Stati Uniti facevano su questo paese erano inversamente proporzionali allo sviluppo della sua democrazia. In altri termini, durante la guerra fredda, le sue carenze democratiche non preoccupavano più di tanto Washington.

Uno dei principali test dei rapporti fra l’amministrazione Obama e la Turchia sarà vedere se considererà il suo progresso democratico fondamentale oppure secondario. Se Washington continuerà a sostenere l’ingresso della Turchia nell’UE e a stimolare lo stesso entusiasmo da essa manifestato fra il 2002 e il 2004, allora il test sarà superato.

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