2015 Earth Odyssey

<--

Nel luglio scorso, a soli tre mesi dall’elezione di Barack Obama alla presidenza, uno dei suoi più stretti collaboratori convocò una riunione a Washington per esaminare un aspetto inquietante ma raramente discusso del cambiamento climatico, ovvero la possibilità che sia fattore scatenante di conflitti, terrorismo e persino guerre. A novembre , John Podesta avrebbe guidato il team di transizione di Obama, sovrintendendo alla selezione dei membri del gabinetto del presidente eletto e dei vertici dello staff della Casa Bianca e dell’esecutivo. Ma quella mattina di luglio Podesta sovrintendeva a un war game, una simulazione di guerra, prassi spesso utilizzata dai militari per testare armamenti o tattiche in condizioni di realtà virtuale, ma in quel caso mirata a una riflessione sulle azioni che la comunità globale dovrebbe intraprendere per affrontare i futuri impatti del cambiamento climatico.

La simulazione era ambientata nel 2015, lo scenario degli impatti elaborato in base agli studi della Commissione intergovernativa dell’Onu sul cambiamento climatico. Il segretario generale dell’Onu , impersonato da Podesta, aveva convocato una riunione di emergenza delle nazioni responsabili delle maggiori emissioni di gas serra: Usa, Ue Cina e India. Ogni delegazione era composta da una dozzina di veri esperti a livello mondiale: diplomatici in servizio e non, ufficiali delle forze armate, politologi. Il segretario generale presentò il quadro: la siccità tormentava il nord dell’Africa, stroncando la produzione alimentare e causando violenti conflitti che ricordavano gli orrori del Darfur un decennio prima. Egitto ed Etiopia erano sull’orlo della guerra per la ripartizione della diminuita portata delle acque del Nilo. Milioni di profughi in fuga minacciavano di invadere l’Europa. In Asia, il Bangladesh era messo in ginocchio da un imponente ciclone che aveva causato 200 mila vittime. L’India aveva schierato l’esercito per impedire ai profughi di passare il confine. Nel 2014 le piogge monsoniche erano arrivate in ritardo, rovinando i raccolti e allagando le città di tutta la regione. Nel 2015 i prezzi degli alimenti in tutto il mondo erano lievitati, scatenando tumulti e diffondendo fame, malattie e morte.

Gli esperti riuniti non trovarono molte soluzioni, ma la simulazione evidenziò una nuova realtà di rapporti internazionali. Indipendentemente dalla rapidità con cui si ridurranno le emissioni di gas serra, il cambiamento climatico porrà gravi minacce alla pace e alla sicurezza nel XXI secolo.

In tutto il mondo gli strateghi militari sono giunti alla medesima conclusione. È plausibile che l’instabilità politica i disastri naturali e la penuria di risorse aggravati dal cambiamento climatico “aumentino il potenziale bacino di reclutamento del terrorismo”, dice Tom Fingar, vice direttore della National intelligence for analysis, facendo riferimento a un rapporto confidenziale stilato dalle agenzie di intelligence Usa lo scorso giugno. Qualche mese prima un rapporto delle autorità di sicurezza dell’Ue affermava che il cambiamento climatico “è da considerarsi un moltiplicatore di rischio che aggrava le tendenze, le tensioni e l’instabilità esistente. e minaccia di oberare Stati e regioni già fragili e inclini ai conflitti”.

Verosimilmente l’amministrazione Obama presterà maggiore attenzione a questa problematica rispetto a quella precedente, anche se resta da vedere in che misura. Le implicazioni del cambiamento climatico a livello di sicurezza preoccupavano a tal punto Hillary Clinton, oggi segretario di Stato designato, che da senatrice presentò un emendamento al progetto di legge sulla spesa militare del 2008, esortando il Pentagono a tener conto delle problematiche del cambiamento climatico nella programmazione futura. La nuova Strategia di difesa nazionale americana approvata dal segretario alla Difesa Robert Gates, che manterrà l’incarico sotto Obama, dovrebbe in teoria tenerne conto. Ma forse sarà necessario fare opera di persuasione sul designato da Obama all’incarico di consigliere per la Sicurezza nazionale, l’ex generale del corpo dei marines James Jones. Jones ha trascorso gli ultimi due anni alla Chamber of Commerce, un’associazione imprenditoriale che ha messo addirittura in dubbio che il riscaldamento globale esista.

Ma la realtà è fonte di validi insegnamenti. Secondo le stime Onu di dicembre, il cambiamento climatico produrrà sei milioni di profughi l’anno da oggi al 2050. Come indicato dalla simulazione di Podesta, la comunità mondiale è purtroppo impreparata a un simile scenario. “Dobbiamo far capire alla gente che il futuro non sarà come il passato”, spiega Kris Ebi, esperto di sanità pubblica che ha partecipato alla simulazione: “La Croce rossa ha discusso sulle iniziative da prendere se in Africa ci saranno 20 milioni di ‘profughi climatici’? Non riusciamo a immaginare una simile dimensione del problema, ma è del tutto possibile e non troppo lontana”.

About this publication