Americans Like the McCain Plan

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Agli americani piace il piano McCain

Obama fa pressioni per approvare il suo progetto, ma gli Usa guardano a quello del repubblicano

FRANCESCO SEMPRINI

NEW YORK

Per Barack Obama, ancora una volta sotto il fuoco incrociato della recessione – che, dice, «non mi fa dormire la notte» – e dell’opposizione repubblicana dall’altra, è ogni giorno più in salita il cammino verso la rinascita economica. La lunga giornata del presidente si apre di buon mattino con l’arrivo dei dati sulle richieste iniziali di sussidi di disoccupazione salite la scorsa settimana di 35 mila unità a quota 626 mila, il massimo dal 1982, e ben oltre le attese degli analisti. Il bollettino è ancor più pesante per i lavoratori che ricevono sussidi, da oltre una settimana saliti a 4.778.000, il record dall’inizio delle rilevazioni del 1967. Oggi inoltre il dipartimento del Lavoro annuncerà altri 525 mila posti persi a gennaio che portano il tasso di disoccupazione al 7,5%. L’emergenza occupazionale, confermata dagli esperti dell’agenzia Adp che ammoniscono l’amministrazione a non indugiare, non è la sola bordata giunta dal fronte macroeconomico. Siluri arrivano dal versante dei consumi dove le grandi catene al dettaglio denunciano l’ennesima flessione di affari preceduta a dicembre dal quinto calo consecutivo degli ordinativi alle fabbriche.

In controtendenza è invece il dato sulla produttività delle aziende, balzato del 3,2%, molto più delle previsioni, grazie proprio ai tagli aggressivi che la Corporate America ha fatto sul personale (i più pesanti da metà Anni Settanta) e sui quali nel 2008 l’indicatore ha registrato la crescita più pronunciata dal 2004 (+2,8%). Il quadro non depone a favore di Obama che se da una parte cammina tra le rovine della recessione, dall’altra rischia di perdere – secondo gli analisti – la guerra delle pubbliche relazioni sul piano di stimoli da 900 miliardi. Nonostante goda di grande popolarità, il presidente ha visto ridursi l’indice di gradimento per il suo American Recovery and Reinvestment Plan da quando i repubblicani hanno sferrato la controffensiva in Senato e sulle cannoniere radiofoniche conservatrici. Secondo gli esperti il messaggio di Obama sulla necessità di «spendere» non convince rispetto al più accattivante «tagliare» sostenuto dall’opposizione. E a guidare la manovra del Grand Old Party nella Camera alta del Congresso è John McCain che ha presentato una ricetta alternativa da 445 miliardi di dollari a base di sgravi più ampi e con cui sta raccogliendo consensi fra repubblicani e i democratici conservatori fiscali.

Il ritorno del guerriero, uscito sconfitto il 4 novembre, costringe Obama in difesa: il presidente chiama l’ex rivale delle presidenziali per trovare un compromesso e riuscire a superare l’ostruzionismo. Nel frattempo il Senato ammorbidisce le clausole sul «Buy America», raccogliendo il plauso dei partner europei che avevano gridato al complotto protezionista Usa. Un’intesa è stata raggiunta anche sugli aiuti all’acquisto di immobili, con lo stanziamento di 15 mila dollari di sgravi per chi acquista un’abitazione. Da questi accordi Obama riparte tentando di risalire la china con un editoriale sul Washington Post, nel quale sferza il popolo americano: «Senza stimoli la crisi diventa irreversibile: a rischio ci sono altri cinque milioni di posti di lavoro». Il concetto è ribadito nel corso della visita di ieri al dipartimento dell’Energia, uno dei centri nevralgici della ripresa auspicata da Obama: «Il momento delle discussioni è finito – dice – si deve agire subito».

Il presidente interviene anche sul nodo finanziario e dopo il consueto briefing economico e l’incontro col segretario al Tesoro, Timothy Geithner, trapelano voci su un possibile annuncio del piano salva-banche «Tarp» già da lunedì. La notizia, che prelude a un accordo raggiunto in seno all’amministrazione sulla «bad bank», fa rimbalzare gli indici di Wall Street: il Dow Jones chiude a +1,34%, il Nasdaq a +2,06%. Mentre gli investitori sperano nel ritrovato ottimismo, il presidente si imbarca sull’Air Force One – è il suo primo volo presidenziale – alla volta di Williamsburg, Virginia: la missione è convincere l’assemblea degli eletti democratici – molti dei quali lo criticano in economia – che senza unità per il Paese non c’è futuro.

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