Obama to Cut Bonuses, Banks Raise Fixed Salary

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La crisi aguzza l’ingegno. E a Wall Street, soprattutto i manager nel settore finanziario, di ingegno ne hanno da vendere. Come mostra la reazione alle ultime mosse del presidente americano Barack Obama. Quest’ultimo, scottato dalle crescenti polemiche sui soccorsi all’alta finanza, ha deciso di fermare i super-bonus di Aig. Un messaggio chiaro, non solo per il colosso assicurativo guidato da Edward Liddy, ma indirizzato ai vertici di tutte le aziende salvate con i soldi pubblici: chi usa il denaro del contribuente non può portarsi a casa, in un periodo di durissima crisi, bonus milionari. Sarebbe «un oltraggio», ha detto Obama.

Tutti d’accordo? Assolutamente no. Secondo il Wall Street Journal, Citigroup, Morgan Stanley e altre istituzioni finanziarie che il governo ha aiutato, stanno pensando di aumentare la parte fissa dei compensi per i top manager e i quadri con maggiori responsabilità. Come dire: il Governo pensa di tagliare la parte variabile dello stipendio (il bonus)? E allora io mi aumento quella fissa. Una posizione che – di questi tempi – lascia interdetti.

Per gli integralisti del libero mercato la parte variabile del compenso, legata anche ai risultati conseguiti dall’impresa sotto la guida dei manager, ha una sua logica. È giusto che il “salario” dei manager sia in parte costituito da un elemento variabile. Anche perché, paradossalmente, potrebbe accadere che un manager incapace venga pagato lo stesso anche in mancanza di buoni risultati.

Nei casi in questione, però, i bonus andrebbero ai manager di aziende finanziarie che si reggono solo grazie ai soldi di Mr e Mrs Smith. Cioè del contribuente americano che, attraverso il piano Tarp (Troubled Asset Relief Program), sta puntellando banche e assicurazioni altrimenti fallite. È ovvio che le altre imprese non devono essere coinvolte in simili considerazioni. Ma qui, regole e limiti, seppure temporanei, sono assolutamente doverosi.

Ancora: non si sta parlando di somme “minime”. Nel caso di Aig, per esempio, la cifra in ballo sono 165 milioni in premi per i dirigenti della divisione prodotti finanziari. Cioè, proprio «quella divisione – ha ricordato il procuratore generale di New York, Andrea Cuomo – che ha provocato il collasso». E non si deve pensare che cifre così alte siano l’eccezione: a Wall Street la gran parte di broker e banchieri partono da uno stipendio minimo di 200.000 dollari (managing director) per arrivare a cifre di 1,5 milioni di dollari (top execuitive). Cioè, in termini di vecchie lirette, oltre due miliardi.

Infine, e non si tratta di considerazioni qualunquistiche, in un momento in cui molti dipendenti di queste istituzioni finanziarie perdono il loro posto di lavoro, valori così alti nei “salari” dei top executive hanno solo il retrogusto dell’avidità. Che adesso le financial firm tentino di “aggirare” il problema aumentando la parte fissa del “salario” appare prevedibile ma anche molto discutibile.

D’altro canto: «L’avidità, non trovo una parola migliore, è valida, l’avidità è giusta, l’avidità funziona, l’avidità chiarifica, penetra e cattura l’essenza dello spirito evolutivo». E poi, «è tutta una questione di soldi, il resto è solo conversazione», parola di Gordon Gekko, il pirata della finanza interpretato magistralmente da Michael Douglas nel film “Wall Street”. Correva l’anno 1987…

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