Tremila soldati per proteggere le elezioni afghane, duemila istruttori per l’esercito, l’adesione di Croazia e Albania, e l’accordo in extremis sul nuovo Segretario generale: i risultati del 60° summit della Nato a Strasburgo-Kehl sono un successo dimezzato per Barack Obama che incassa l’avallo degli alleati alla sua nuova strategia per l’Afghanistan ma non riceve nuovi contingenti combattenti. E’ stato proprio Obama a spiegare l’esito del vertice al «Palaiz de la Musique et Des Congres» parlando di «concreto impegno dei nostri alleati a proteggere le elezioni del 20 agosto» fornendo 5000 uomini fra soldati e istruttori, oltre all’impegno per «le risorse necessarie per consultazioni libere e corrette». Ciò che più conta per Washington è il varo della «Nato Training Mission-Afghanistan» che, sul modello di quanto riuscito in Iraq gestirà l’addestramento di truppe e polizia locali per rendere possibile, nel lungo termine, una «strategia di uscita». A tal fine saranno creati 70 team con istruttori Nato aggregati a reparti afghani – sostenuti da fondi per 100 milioni di dollari – per portare gli effettivi a 134 mila. L’Italia fornirà 300 soldati in più per le elezioni, porterà a 100 i carabinieri e manderà due aerei da trasporto e tre elicotteri da soccorso. Il mancato risultato di Obama è invece sul terreno delle truppe combattenti: dopo averne inviate altre 17 mila, in aggiunta alle 38 mila già in campo, Washington si aspettava dagli alleati contributi che non sono arrivati. Barack si è difeso così: «Tutti i Paesi Nato hanno già truppe in zona di pericolo, gli addestratori che mandano non sono meno importanti delle truppe combattenti». Ciò che conta per il presidente è che la Nato abbia «dato il sostegno» per il suo approccio strategico che prevede ricostruzione afghana, lotta ai taleban e pressioni sul Pakistan. In meno di 48 ore è la seconda volta che Obama si mostra soddisfatto di un successo dimezzato perché anche al G20 di Londra al posto del desiderato «stimolo fiscale globale» aveva ottenuto solo più fondi per il Fmi. E’ un approccio che si spiega con l’idea che Barack ha del ruolo dell’America nelle alleanze: «Siamo qui per sentire, apprendere e anche guidare perché tutti abbiamo delle responsabilità». «Guidare il mondo significa saper creare alleanze» e dunque conta di più proiettare l’immagine di un’amministrazione determinata a «lavorare assieme» che non imporre la propria agenda, come facevano i predecessori. Angela Merkel e Nicolas Sarkozy vogliono consolidare questo equilibrio con l’America. La cancelliera tedesca parla dell’Afghanistan come di un «test per tutti noi» mentre il presidente francese aggiunge che «là si gioca una parte della libertà del mondo». In entrambi i casi si tratta quasi di citazioni di Obama. I tre leader concordano anche nel chiedere a Kabul di rivedere la legge che consente gli stupri in famiglia e Hamid Karzai li rassicura: «Sarà cambiata». Obama calca l’importanza dei temi multilaterali, dal rientro della Francia nella struttura militare all’adesione dei nuovi membri Albania e Croazia «lasciando la porta aperta ad altri», fino al «rilancio dei rapporti con la Russia». Per testimoniare la determinazione a rafforzare l’Alleanza Obama si è impegnato di persona a sciogliere il nodo del nuovo Segretario generale: ha avuto una discussione a tre con Rasmussen e il presidente turco Gul, facendosi «garante» secondo il premier di Ankara Erdogan. Il consigliere per la sicurezza James Jones ha detto di aver capito che la Turchia era pronta a far cadere il veto «quando ho visto Gul sorridere a Obama». Ankara in cambio dell’avallo – finora negato perché Rasmussen difese il giornale danese che pubblicò le vignette su Maometto – avrebbe ottenuto l’impegno Nato a «combattere il terrorismo del Pkk curdo» e l’inserimento di propri generali negli alti comandi alleati.
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