"Nudge" is New Socio-Economic Model

Edited by Robin Silberman


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La salvezza sara’ la “spintarella”. No, non l’odiosa pratica della raccomandazione, dei favori, del concorso truccato, che distorce l’economia e deprime il merito. Sara’ il “Nudge”, la gentile, ma convincente spinta a fare le scelte giuste, senza imporle, che due autori americani, l’economista della scuola di Chicago, Richard Thaler, e il costituzionalista di Harvard, Cass Sunstein, hanno teorizzato in un libro che non ha soltanto venduto bene, ma e’ divenuto uno dei testi che Barack Obama ha letto e riletto, portandolo con se’ durante la campagna elettorale. E trovandolo convincente al punto di chiamare proprio Cass Sunstein a divenire lo “zar” delle nuove regole, colui che nei prossimi mesi dovra’ ridisegnare l’edificio delle regole del gioco economico nazionale, devastate nel casino’ di Wall Street. (Il libro esce giovedi’ in Italia: Nudge. La spinta gentile, Feltrinelli, pagg. 284, euro 16, traduzione di Adele Olivieri). La “dottrina della spintarella” educata e gentile ha il fascino necessario dell’essere “post” tutto e insieme un cocktail genetico di tutti gli organismi estinti, falliti, o in via di estinzione, dei modelli sociali economici spazzati dalla scopa della storia. Thaler, che pure viene dalla scuola di Chicago fatta grande dai liberisti e monetaristi ideologici da Hayek a Friedman, non crede piu’ alla capacita’ miracolosamente autoregolante del mercato. Sunstein, che accanto alla sua formazione di costituzionalista coltiva e studia le teorie del comportamento umano, era addirittura un supporter di Bush e di Greenspan, prima di convincersi che la liberta’ di scelta e di “ricerca della felicita'” garantita dalla Costituzione, puo’ condurre a scelte disastrose per l’individuo e per la collettivita’. Ecco allora la formula della spinta garbata, non la mano pesante dello “Stato mamma” che pianifica e predetermina le decisioni, condiziona e indirizza gli investimenti, ma convince, salvando l’autonomia e la liberta’ di tutti, a modificare comportamenti e fare le scelte migliori. E’ l’atteggiamento del buon padre, della madre saggia, del docente illuminato, in fondo socratico, che non dice all’allievo o al figlio “devi tornare a mezzanotte”, ma che mette il proprio soggetto in condizione di capire che rientrare a mezzanotte e non fare la notte in bianco e’ meglio, piu’ divertente, piu’ utile. Lo hanno chiamato “liberismo paternalista”, in un apparente ossimoro che il nuovo signore delle regole nel tempo di Obama spiega con uno di quegli esempi concreti e divulgativi che l’accademia americana adora e impiega, libera da quei complessi da iniziati che spesso opprimono la letteratura professorale italiana. “In America non si risparmia abbastanza – dice – perche’ gli americani faticano a vedere il vantaggio del risparmio. Basterebbe che le aziende offrissero ai dipendenti un programma nel quale dal loro stipendio viene prelevata progressivamente una trattenuta piu’ alta con il crescere dello stipendio, accantonata a tassi sempre migliori. Nelle societa’ che ci hanno provato, il grado di risparmio e’ triplicato”. Siamo, dice il “behaviourista” in lui, animali notoriamente abitudinari e condizionabili. Lo sanno i casino’, che da tempo conoscono l’architettura del gioco e studiano arredamenti e percorsi nei quali noi topolini smarriamo il senso del tempo e del luogo e siamo indotti a giocare. Dunque, perche’ non applicare alla vita quotidiana quella che Thaler e Sunstein battezzano “l’architettura della scelta”? “Immaginate la caffetteria di una scuola o il bancone di un buffet. La prima cosa che chi entra vede sono le patate fritte, gli hamburger, la pancetta, mentre frutta, verdura, cibi sani sono spesso i piu’ lontani. Vi garantisco che chiunque, anche il piu’ igienista, tendera’ a cadere in tentazione. Io non voglio che le patate fritte o le salsicce siano proibite. Vorrei che fossero la scelta piu’ difficile, piu’ lonatana. Poi, se uno vuole imbottirsi di pancetta fritta, lo faccia pure. Ma noi lo avremo spinto, senza costringerlo, a prendere la decisione migliore per lui, per l’ambiente, per l’economia generale”. Negli anni folli dei mutui poi divenuti inesorabilmente “tossici”, la caffetteria della finanza offriva ai poveri consumatori rintronati e agli stessi operatori professionali, un buffet di opzioni nel quale le peggiori, le piu’ rischiose, erano le meglio esposte, le piu’ ghiotte. Ovvio che i topolini si sarebbero indirizzati verso di esse. L’esperienza dimostra che, di fronte a troppe scelte, il cittadino tende a procrastinare, a rinviare, a buttarsi sulla prima che vede, pur di non perdere la testa. Inutile imporre norme e briglie, se la confusione rimane stordente, il predatore avra’ sempre buon gioco. Ma ingiusto sarebbe ancora ridurle d’imperio governativo. Il “liberista paternalista” deve invece indirizzare verso le opzioni piu’ intelligenti e obbiettivamente dimostrabili e documentate. Se poi preferisce puntare tutto alla roulette, buona fortuna. Dunque, gomitatine gentili, “spinatelle garbate”, “architettura delle buone scelte” in un quadro politico che garantisca ogni liberta’ di azione, ma non abbia paura di indicare quali siano giuste e quali sbagliate, sono il pensiero che spiega non soltanto il successo di questo libro, stampato e ristampato come best seller in ogni edizione, ma che spiega anche un po’ di quell’enigma Obama che sta facendo impazzire i denigratori e innervosisce spesso anche gli estimatori. Sempre troppo statalista per gli ultraliberisti, sempre troppo liberista per i nostalgici del keynesismo, la chiave per capire chi sia, e come veda il ruolo del governo centrale il nuovo presidente sta in questo libro che i critici, gli ortodossi delle varie confessioni ideologiche ed economiche trovano eccessivamente ottimista, quasi utopistico nella sua speranza di poter riformare gentilmente i comportamenti fallimentari del consumismo onnivoro e della speculazione furiosa. E infatti questa, di essere in fondo troppo ottimista, e’ l’accusa che viene rivolta a Obama, dopo gli anni del torvo catastrofismo bushista, ed e’ la ragione per cui questo presidente “paternalisticamente interventista” o “liberalmente progressista” continua a piacere tanto e a far sperare. – VITTORIO ZUCCONI

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