After Cairo, All Eyes Are on Iran

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COME ha reagito il mondo islamico al “nuovo inizio” di Obama ? Le risposte sono diverse, a seconda che provengano dall’ opinione pubblica , dai regimi, dai movimenti islamisti. Se con il suo importante discorso il presidente Usa ha smontato la tesi dello “scontro di civiltà” e fatto tramontare davvero l’ era Bush, sollevando se non entusiasmo grande aspettativa nell’ immensa moltitudine della Mezzaluna, per alcuni attori politici il nuovo corso americano può mettere a rischio rendite geopolitiche consolidate. Scontata la reazione qaedista, per cui non vi è alcuna differenza tra Obama e Bush ma preoccupata per il varco che il discorso del Cairo può aprire “nei cuori e nelle menti” dei musulmani, l’ incertezza riguarda gli alleati sunniti dell’ America. In particolare Egitto e Arabia Saudita. Gli scenari che preoccupano sono quello palestinese, quello libanese e quello iraniano. Affrontando la questione dei “due Stati”, il presidente Usa non ha definito Hamas organizzazione terroristica. Ne ha, invece, riconosciuto il peso nella società palestinese e prospettato un ruolo nel processo negoziale. A condizione che rinunci alla violenza e riconosca il diritto di Israele a esistere. La novità è stata colta da Hamas che, in quella parole, ha visto segnali di “discontinuità” e lanciato segnali di disponibilità a partecipare a una soluzione politica della crisi. Del resto, per la nuova amministrazione americana, il vero discrimine non è più la natura islamista dei gruppi o regimi ma solo il loro carattere locale o globale e le loro alleanze. Se estranei al qaedismo globalista e a potenze ostili, e, tanto più, espressione della volontà popolare, saranno ritenuti interlocutori politici legittimi. Anche se si tratta di formazioni islamonazionaliste , e filoiraniane, come Hamas o Hezbollah. Per gli alleati sunniti la garanzia dell’ equilibrio esistente resta, invece, il contenimento dell’ arco sciita e della minaccia iraniana. Al di là del suo rifiuto verso la “politica dei discorsi”, sapremo presto se, sospinto anche dal riverbero interno delle parole di Obama, nelle imminenti elezioni presidenziali Khamenei sceglierà di abbandonare a se stesso l’ ormai scomodo Ahmadinejad, stigmatizzato a causa del suo negazionismo e delle posizioni su Israele, da Obama a Buchenwald, durante l’ appendice tedesca del suo viaggio. Tra qualche tempo si capirà, se la mano tesa del leader americano, che ha riconosciuto il diritto di Teheran al nucleare civile all’ interno del Trattato di non proliferazione, sarà raccolta o meno. Rendendo meno problematici i rapporti tra Usa e Repubblica Islamica. Se ciò avvenisse, se all’ Iran fosse riconosciuto il rango di potenza regionale e di partner internazionale a pieno titolo nel mercato energetico, gli equilibri nel mondo islamico sarebbero destinati a mutare. Per questo il “nuovo inizio” affascina e preoccupa molti allo stesso tempo: se trascendesse la sua dimensione simbolica e culturale e si traducesse in politica, a cambiare non sarà solo il difficile rapporto tra America e islam. – RENZO GUOLO

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