NEW YORK – Di nuovo un nero maltrattato dalla polizia, nell’ America di Obama. Esplode un altro caso di discriminazione razziale, infuriano nuove polemiche, pochi giorni dopo che si è sopita la “querelle di Harvard” per l’ arresto di un noto docente afroamericano in casa propria. Da ieri circola su YouTubee molti siti Usa il video di un pestaggio avvenuto a Minneapolis a febbraio, su cui ora indaga l’ Fbi. Le immagini lasciano pochi dubbi. Derryl Jenkins, un nero di 43 anni, viene fermato da una volante della polizia mentre è in auto. Gli agenti diranno, in seguito, che è sospettato di ubriachezza al volante,e che Jenkins resiste al controllo, aggredisce un poliziotto. Tutte accuse che poi sono state ritirate. Il video – filmato dalle stesse telecamere in dotazione sulle auto di polizia – racconta un’ altra versione. Si vede Jenkins a terra, cinque agenti addosso a lui che lo prendono a pugni e calci. Lo ammanettano. Si accaniscono a colpirlo anche con un “taser”, l’ apparecchio che lancia scariche elettriche. «Sono sorpreso di essere ancora vivo – dice oggi Jenkins – con le scariche elettriche e le percosse alla testa potevano uccidermi». La polizia di Minneapolis sostiene che Jenkins aveva superato di 15 miglia il limite di velocità e si era rifiutato di sottoporsi al test dell’ alcol. Non spiega perché si è rimangiata le accuse in seguito. Nessuno di quegli agentiè stato sottoposto a provvedimento disciplinare. Le inchieste sugli abusi di polizia contro i diritti civili spettano all’ Fbi, che adesso promette «un’ indagine approfondita». Intanto quel video infiamma di nuovo gli animi, con l’ opinione pubblica che si spacca in due. Da una parte c’ è la comunità nera e tutti coloro che denunciano il razzismo radicato nelle forze dell’ ordine. Le statistiche dimostrano che anche nei controlli sul traffico la percentuale di neri che vengono fermati è sproporzionatamente superiore. Tanto che gli afroamericani ironicamente hanno coniato una nuova fattispecie di reato: «la guida in stato di razza nera». Sul fronte opposto una robusta quota di bianchi appoggia la polizia e sostiene che la sua selettività in base al colore della pelle è giustificata dalle statistiche sulla criminalità, dove i neri dimostrano una pericolosità oggettivamente superiore. L’ elezione di Obama non sembra aver segnato una vera svolta, rispetto a questa polarizzazione. Lo stesso presidente si è accorto di aver messoi piedi in un campo minato, quando ha osato criticare la polizia nel “caso Gates” che ha dominato le cronache estive. Henry Louis Gates, anziano e autorevole docente di Harvard, nero e amico personale di Obama, venne arrestato il 16 luglio da un giovane sergente bianco, James Crowley della polizia del Massachusetts. Una vicina di casa aveva chiamato il commissariato dopo aver visto due persone che tentavano di forzare la porta di un’ abitazione. Gates, di ritorno da un viaggio in Cina, aveva difficoltà ad aprire la porta di casa sua e si faceva aiutare da un tassista. Irritato dall’ arrivo del poliziotto, quando ormai era già entrato in casa propria, Gates reagì con insofferenza. Fu ammanettatoe portato in commissariato. Quando Obama osò dire che l’ agente si era “comportato stupidamente”, venne subissato di critiche. L’ incidente si è chiuso con il “vertice della birra”: i due protagonisti invitati a rappacificarsi alla Casa Bianca. Ma gli strascichi non sono finiti. Per la comunità nera il caso Gates rimane emblematico: nessun poliziotto avrebbe arrestato un professore bianco di Harvard solo perché sgarbato. Anche molti bianchi di sinistra sono rimasti delusi per la marcia indietro di Obama, convinti che il presidente aveva visto giusto nella sua prima reazionee non avrebbe dovuto lasciarsi intimidire. Sul fronte opposto gli animi restano bollenti. Il sergente Crowley è stato trasformato in eroe, per aver tenuto duro ed essersi rifiutato di presentare le sue scuse all’ anziano professore. Invitato il 17 agosto a parlare a Long Beach all’ assemblea di un potente sindacato di polizia, il Fraternal Order of Police, Crowleyè stato accolto dai suoi colleghi con un boato di applausi. L’ America che s’ illudeva di avere superato per sempre le divisioni etnico-razziali, con l’ elezione del primo presidente nero, si trova risucchiata verso i fantasmi del suo passato. Diversi studi sul razzismo, compiuti dopo il voto di novembre, sembrano confermare che l’ effetto-Obama è meno netto di quanto si creda. Lo Implicit Association Test dell’ università di Washington, un sondaggio ripetuto periodicamente su mezzo milione di americani, indica che il nuovo presidente ha spostato di poco gli atteggiamenti di fondo sulla questione razziale. – DAL NOSTRO CORRISPONDENTE FEDERICO RAMPINI
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