And Now What Are We Doing in Afghanistan?

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Ho seguito con crescente perplessità le elezioni in Afghanistan. Il dato positivo è che i talebani non sono riuscite a farle fallire e per l’Occidente è un successo indiscutibile, ma in una prospettiva più ampia ho l’impressione che l’intero processo elettorale sia poco credibile. Che senso ha far votare gli elettori in un Paese dove le donne continuano ad essere costrette a uscire col Burqa? Dove, in molte regioni, i signorotti locali hanno molto più potere del governo centrale? Dove chi vota intinge il proprio dito nell’inchiosto con il risultato che i talebano poi vanno in giro casa per casa punendo chi ha fatto il proprio dovere. Un Paese dove lo scrutinio è falsato da evidenti brogli, al punto che l’inviato americano Holbrooke se n’è lamentato con Karzai? E dove da due giorni non si hanno più notizie sullo spoglio, mentre Karazai e Abdullah trattano i futuri assetti politici e chissa cos’altro?

Comunque tra un po’ avremo un nuovo governo. Bene, ma l’Occidente ha deciso come risolvere la crisi afghana otto anni dopo l’invasione? Apparentemente no, Obama tentenna tra la soluzione soft ma moralmente inaccettabile (ovvero trattative con i talebani) e quella hard, ma densa di sacrifici (massicci rinforzi e operazioni di guerra prolungate).

Sun Tzu ne l’Arte della Guerra sostiene che un conflitto che si prolunga troppo nel tempo non è mai vittorioso. Strategicamente dal 2001 l’Occidente ha ottenuto un solo successo: ha evitato che il Paese tornasse ad essere una base di Al Qaida, ma su tutto il resto il bilancio è deludente.

Ritengo che sia giunto il momento per un chiarimento definitivo sul ruolo e gli obiettivi occidentali in Afghanistan. Vogliamo davvero vincere questa guerra? Anche a costo di combattere per altri 5-6 anni? E con quali truppe oltre a quelle americane? E con quali prospettive per una popolazione che dall’invasione sovietica patisce sofferenze e privazioni indicibili senza colpa?

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