The Bonfire of Illusions

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IL DRAMMA nel quale si dibatte Barack Obama di fronte al fallito tentativo di abbattere un aereo civile su Detroit e che pesa sulla sua presidenza come pesò sulla quella di Bush si riassume in due semplici domande: è possibile combattere in maniera pulita una guerra intrinsecamente sporca condotta da fanatici con tritolo nascosto nelle mutande? Esiste una risposta proporzionata alla asimmetria che esiste fra la massima potenza militare della storia e la micidiale debolezza di gruppi di fanatici capaci di poco, ma disposti a tutto? La speranza che potesse esistere una “via Obamiana” alla guerra che l’ 11 settembre del 2001 il fanatismo anti-occidentale travestito da guerra santa proclamò davanti al mondo, sta quotidianamente assottigliando di fronte alla asimmetria pratica, e morale, fra le parti in guerra. Tra Bush e Obama, tra le Torri Gemelle e la mancata tragedia di Detroit abbiamo assistito alla sconfitta di due illusioni. Quella bushista, che aveva indicato nel cambio forzato dei regimi in Iraq e in Afghanistan e nel pugno di ferro la soluzione che avrebbe tagliato alla radice il male, riassunto nella dottrina del “chi non è con noi è contro di noi” e della responsabilità oggettiva dei cosiddetti “stati canaglia”. Era una dottrina apparentemente nuova, ma sostanzialmente antiquata, che vedeva nella complicità di governi e di stati “falliti” la fonte del terrorismo, senza riconoscere la natura spontanea e incontrollabile e diffusa del male. L’ illusione Obamania era stata espressa invece nel memorabile discorso del Cairo, quando il Presidente aveva cercato di distinguere fra il mondo islamico, rispettabile e onorevole anche nelle sue radicali differenze, e quelle frange dementi della “jihad” violenta, che la mano tesa verso la “umma”, la comunità globale dei mussulmani, avrebbe potuto isolare e progressivamente essiccare. Ma tanto l’ una, quanto l’ altra, dottrina peccavano di un’ ingenuità letale, quella di ignorare che il terrorismo è per definizione una non-struttura, amorfa, fluida e indefinibile, che non ha bisogno di masse, caserme, strutture fisse, comandi e o grandi mezzi per produrrei propri frutti velenosi, dunque è immune da attacchi di missili o da osservazioni di satelliti. Lo ha dimostrato quello scellerato giovanotto nigeriano – figlio di ottima famigliae non di miserabili vicoli, come tanti degli assassini che smentiscono puntualmente il mito dei “poveri del mondo” furiosi con noi ricchi – nel dilettantismo e l’ inettitudine della sua azione, per la fortuna di 300 passeggeri. Quando Obama assicura l’ America, come ha fatto ieri sera, di «tenere sotto pressione ogni elemento» che progetti e programmi attentati, e di usare ogni mezzo per «smantellare e smembrare» le organizzazioni del terrore esprime un desiderio, non un piano di battaglia, esattamente come Bush che sulle rovine del World Trade Center prometteva di inseguire e punire ovunque fossero gli autori della strage. Centinaia, se non migliaia, di terroristi sono stati uccisi o catturati da allora, tra annunci trionfali di “numeri 2” (mai “numeri Uno” tuttavia) caduti e annunci di un’ Al Qaeda «in ginocchio», «in fuga», «in disordine». Nugoli di razzi, di bombe presunte intelligenti, di aerei droni, si sono abbattuti su villaggi e su riunioni di «estremisti» in Pakistan, Afghanistan, ora in Yemen, inevitabilmente facendo strage di innocenti come di malfattori, perché nelle guerre sporche il nemico non indossa uniforme, mostrine e insegne. E poi basta un giovanotto che si insinua nelle maglie larghissime della sicurezza aeroportuale, soprattutto in Africa da dove proveniva, per riportare alla casella iniziale la partita. La risposta alle domande che tormenteranno il nostro tempo per annia venireè quella di non creare né illusioni né speranze, di non pensare che possa esistere o funzionare la dottrina del martello neocon che possa distruggere la cucina per eliminare gli scarafaggi, né possa funzionare lo strumento del bisturi per rimuovere una per una le lesioni dove esse di volta in volta si manifestino. La forza è insieme necessaria, ma non sufficiente e la strada dello «scontro di civilità» è stata, da Obama, giustamente abbandonata per non nobilitare la demenza di pochi con l’ attribuzione di una Armageddon globale. E per non rischiare, come ha detto il presidente, di «rinunciare a quello che siamo» per combattere coloro che si propongono di stravolgere la nostra “way of life”, il nostro modo di essere e di vivere. Il fallito attentato del giorno di Natale dimostra soltanto quello che ormai dovrebbe essere chiaro: che nessuno ha la risposta giusta e vincente, ma che la risposta sicuramente sbagliata è la resa a quello che i terroristi vogliono. Uccidere pochi per far paura a tutti. – VITTORIO ZUCCONI

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