Fighting Against Wall Street’s Greed

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Obama sfodera finalmente l’arma fiscale contro le banche. E’ l’antidoto più semplice ed efficace contro l’ingordigia di un settore che gran parte degli americani considerano alla stregua di una sanguisuga. Ma il parto della “tassa di responsabilità” non è stato facile.

In passato Washington aveva reagito con scetticismo alle due proposte venute dall’Europa: la proposta della “Tobin tax” globale su tutte le transazioni finanziarie (difesa di recente dal premier britannico Gordon Brown) e la tassa sugli stipendi dei banchieri voluta da Francia e Inghilterra.

Il segretario al Tesoro Usa, Timothy Geithner, le aveva scartate entrambe perché convinto che quel genere di prelievo fiscale verrebbe scaricato immediatamente dalle banche sui loro clienti.

Ora Obama ha messo a tacere tutte le obiezioni di Geithner, considerato un po’ troppo vicino agli interessi di Wall Street.

La nuova tassa sulle banche servirà a recuperare una parte degli aiuti di Stato, ridurre il deficit pubblico, e placare la rabbia popolare contro Wall Street.

Non a caso l’annuncio avviene in una settimana “calda” sul fronte delle banche. Anche il procuratore generale di New York, Andrew Cuomo, è ripartito all’offensiva: ha chiesto alle otto maggiori banche beneficiate dagli aiuti di Stato tutti i dati sugli stipendi 2009.

Inoltre da ieri sono iniziati i lavori della commissione d’inchiesta parlamentare che deve fare luce sulle responsabilità degli istituti di credito nella grande crisi del 2007-2009.

E domani si apre la stagione dei risultati di bilancio, destinati a far scandalo: perché assieme ai conti le banche annunceranno gratifiche record per i propri dipendenti. Il cumulo di stipendi e bonus in certe banche supererà le cifre record di prima della crisi.

La Goldman Sachs distribuirà 600.000 dollari in media per dipendente. Alla J.P. Morgan Chase lo stipendio medio dovrebbe superare i 460.000 dollari. Alla Citigroup, la più disastrata, il capo del settore di investment banking John Havens riceverà 9 milioni di dollari. In una fase in cui il 10% della forza lavoro americana è disoccupata lo spettacolo d’ingordigia di Wall Street suscita indignazione.

Un editoriale del New York Times per descrivere l’arroganza dei banchieri evoca la regina Maria Antonietta alla vigilia della Rivoluzione francese e la sua risposta al popolo senza pane: “Che mangino brioches”. Sullo stesso quotidiano il columnist Frank Rich indica in Wall Street un pericolo per la stabilità degli Stati Uniti paragonabile al terrorismo di al Qaeda.

Perfino un banchiere in pensione, il fondatore di Citigroup John Reed, è esterrefatto: “I dirigenti delle banche non hanno imparato nulla dalla crisi. Sembrano vivere in un altro mondo”.

Dello sdegno si è fatta interprete anche la capa dei consiglieri economici di Barack Obama, Christina Romer. “La stagione dei bonus – ha dichiarato – sarà un’offesa per i cittadini americani. Io personalmente mi sento offesa”.

Le banche si difendono ricordando di aver restituito quasi tutti gli aiuti di Stato. In realtà il Tesoro calcola che a carico del contribuente americano restano perdite di 120 miliardi per i salvataggi di Wall Street.

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