A Dream Wrecked on the Moon

Edited by Harley Jackson

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Un Sogno Infranto sulla Luna

Eletto con il mandato di trovare nuovi orizzonti per il sogno americano, Barack Obama rinuncia al progetto di tornare sulla Luna ovvero a creare basi permanenti da dove lanciare l’esplorazione umana fino agli estremi limiti del Sistema Solare. Con un bilancio oberato da 1,35 trilioni di dollari di debiti, un disavanzo pubblico pari al 9,2 del pil e la prospettiva di nuove voragini nelle casse federali destinate ad aprirsi nei prossimi mesi, il presidente americano è costretto a sacrificare il programma «Constellation» immaginato dal predecessore George W. Bush rinunciando a seguire le orme di John F. Kennedy nel sospingere l’America verso la frontiera più avvincente. E questo significa che il prossimo essere umano a camminare sulla Luna sarà probabilmente un cinese, in considerazione degli ingenti investimenti che sta facendo Pechino per centrare questo traguardo

Il passo indietro è una decisione amara per Obama, che in campagna elettorale aveva detto di voler consentire alle nuove generazioni di americani di «perseguire liberamente i propri sogni», che era stato paragonato da Ted Kennedy al fratello John proprio per «l’audacia» dei suoi sogni.

Aveva assicurato a più riprese di credere nell’utilità dell’esplorazione umana del Sistema Solare per promuovere la ricerca scientifica e in maggio aveva tradito la passione personale per lo spazio chiamando dallo Studio Ovale gli astronauti a bordo dello shuttle Atlantis, parlando con loro come si fa fra vecchi amici.

Ma ancora più difficile deve essere stato per Obama avallare un’idea di programma spaziale che per la prima volta rovescia il rapporto fra la Nasa e le imprese private. Se finora l’Agenzia spaziale degli Stati Uniti era leader assoluta nei progetti su vettori, ricerca e astronauti, ora invece il timone appare destinato a passare nelle mani di una dozzina di gruppi come SpaceX, fondata dal creatore di PayPal Elon Musk, Orbital Sciences, inaugurata nel 1982, e Virgin Galactic di Richard Branson, pioniere spericolato del turismo nel cosmo dalla sua pista nel deserto del Mojave. Saranno infatti le aziende private a realizzare in «outsourcing» missili, navette e altri programmi spaziali che poi la Nasa farà propri, sperando così di far risparmiare quanto possibile ai contribuenti. L’immagine di un presidente democratico, tenace sostenitore del pensiero neokeynesiano sul ruolo dello Stato nell’economia, che decide di ridimensionare il ruolo dello Stato nella ricerca spaziale a vantaggio dei privati – come avrebbe potuto fare un leader repubblicano seguace di Milton Friedman – è destinata a segnare Obama come la fotografia delle difficoltà in cui versa l’amministrazione dopo neanche 13 mesi di lavoro. Tanto più che a pagare il prezzo della scelta saranno le migliaia di dipendenti della Nasa – tradizionale serbatoio di voti democratici – a cominciare dalla base di Cape Canaveral in Florida, uno Stato strappato con molta fatica ai repubblicani nella campagna presidenziale del 2008.

Sacrificando interessi politici e slancio kennedyano, Obama ammette i limiti che costringono l’America nell’anno 2010: la superpotenza per reggere la sfida delle aggressive economie emergenti ha anzitutto bisogno di rimettere in ordine le proprie finanze e fino a quando ciò non avverrà dovrà mettere nel cassetto molti dei sogni che era abituata a inseguire. Per chi nel mondo scientifico immaginava di vedere presto un astronauta della Nasa in viaggio verso Marte o prevedeva lo sfruttamento del sottosuolo della Luna alla ricerca di nuovi carburanti si tratta di una doccia fredda. Resta da vedere quali saranno le conseguenze dell’abbandono della nuova missione-Luna. In una nazione dove ogni politico e imprenditore non deve risparmiare risorse se vuole affermarsi ed avere successo, sforzando di trasformare ogni difficoltà in opportunità, è prevedibile che saranno altri attori a fare proprio l’ambizioso obiettivo di «Constellation». Puntando magari a dimostrare allo Stato federale che non c’è bisogno di ricorrere ai soldi dei contribuenti per riuscire a navigare verso Saturno.

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