Obama on Iraq and His Bridge to Bush

<--

Nel discorso sull’Iraq ieri sera Obama si è spinto molto più in là di quel gesto di cortesia istituzionale che aveva già fatto nel pomeriggio telefonando a Bush. (Un passo formale per rappresentare al paese che il presidente che “chiude” la guerra ne informa per primo quello che la iniziò).

In diretta televisiva di fronte alla nazione alle otto di sera Obama ha voluto ricordare che su quella guerra l’America si era spaccata in due, e lui era stato contrario (una causa non secondaria della sua vittoria su Hillary nelle primarie), ma ha anche aggiunto che “c’erano dei patrioti da una parte e dall’altra, tra quelli che vollero la guerra e quelli che erano contrari”.

E’ stato un vero gesto di riconciliazione, per chiudere una pagina di veleni e di delegittimazioni reciproche.

Purtroppo la deriva che ha imboccato la destra (con il Tea Party, il 30% dei repubblicani convinti che Obama suia musulmano ecc…), fa sì che questo gesto probabilmente non sarà raccolto dai suoi avversari politici.

Però merita di essere sottolineato, perché a lui certo è costato qualcosa. L’aver ritirato le truppe di combattimento dall’Iraq è una delle poche cose su cui l’ala sinistra del suo partito riconosce il “vero Obama”, quello del 2008.

La sua affermazione che anche dall’altra parte c’era un’America in buona fede, per i pacifisti è indigesta. Naturalmente la sua sinistra sospetta che questo nasconda una sorta di continuità Bush-Obama sull’Afghanistan. Ma se Obama avesse voluto pensare solo al tornaconto politico poteva continuare nella distinzione tra la guerra sbagliata e la guerra giusta, come in passato.

About this publication