The Recovery Can Wait

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Prima di questa recessione, ormai da tutti chiamata la Grande Recessione, la maggior parte degli economisti riteneva che tanto più forte è la caduta del prodotto interno lordo (Pil) all’inizio di una recessione, tanto più forte è la crescita all’inizio della ripresa. Questa regolarità empirica ha un fondamento economico.

In America la maggior parte delle recessioni del dopoguerra erano state create da una stretta monetaria, un aumento del costo del denaro da parte della Federal Reserve finalizzato ad un raffreddamento delle pressioni inflazionistiche. Una politica monetaria restrittiva produce un aumento del costo ed una riduzione della disponibilità di credito, con effetti immediati sul settore immobiliare e sulla domanda di beni durevoli (automobili, lavatrici, etc.). La caduta della domanda di case e beni durevoli induce i produttori a ridurre le scorte, con ulteriori effetti deflattivi. Raggiunto l’obiettivo di ridurre l’inflazione, la Fed generalmente allentava la politica monetaria e la domanda, che era stata artificialmente repressa durante la recessione, riesplodeva. Coloro che avevano posticipato di cambiare l’automobile o la casa, si affrettavano a farlo. Per questo l’intensità della ripresa era tanto più forte quanto più dura era stata la recessione.

Questa regolarità non è stata rispettata nella Grande Recessione. Dopo un crollo del Pil americano del 6,8 per cento nel quarto trimestre 2008, la ripresa è stata molto modesta: un più 1,6 per cento l’ultimo trimestre, dopo un più 3,7 per cento il precedente. Il motivo di questa diversità va trovato nella natura di questa crisi. La Grande Recessione non è il risultato di una stretta monetaria, ma di una crisi finanziaria, che ha precipitato una crisi strutturale, che covava da lungo tempo. La Grande Recessione è stata scatenata da una crisi bancaria. Le forti perdite sui mutui subprime hanno messo in dubbio la solvibilità di molte banche, paralizzando il sistema finanziario. Gli interventi statali hanno evitato il peggio, ma non hanno ripristinato le condizioni pre-esistenti. Le banche, fortemente danneggiate, hanno ristretto l’offerta di credito.

Purtroppo una politica monetaria espansiva non basta a far ripartire il credito e l’economia. Dopo i pericoli corsi, le banche diventano naturalmente più restie a prestare, anche quando il costo del denaro è molto basso. Per questo dopo tutte le crisi finanziarie la ripresa è sempre molto più lenta. Il problema è accentuato dal fatto che questa crisi ha messo in evidenza un problema strutturale, precedentemente coperto da un uso astuto ma miope della politica monetaria.

Il problema strutturale è la riallocazione della domanda mondiale. Oggi la Cina produce una quantità crescente della produzione mondiale, ma non ne acquista una quantità equivalente. Per assorbire questo eccesso di offerta a livello mondiale, la Fed nel primo decennio di questo secolo ha drogato l’economia americana, spingendola a consumare più di quello che produceva. In questo modo ha evitato una recessione fino alla fine del decennio, a costo di un fortissimo indebitamento delle famiglie americane ed enormi investimenti improduttivi nel settore abitativo. A causa di questi passati abusi, l’arma della politica monetaria è oggi spuntata e la Fed risulta impotente.

Per ripartire l’economia americana ha bisogno di tre condizioni: un miglioramento nel settore del credito, uno spostamento della produzione di beni e servizi verso il mercato esterno e un aumento della domanda mondiale, soprattutto da parte della Cina e della Germania, i paesi con i più forti avanzi commerciali. Tutte tre queste condizioni sono difficilmente controllabili da parte dell’amministrazione Obama. Non avendo avuto il coraggio di intervenire in modo più drastico durante la crisi, Obama trova difficile oggi accelerare il processo di risanamento delle banche. Lo potrebbe fare solo con ulteriori regali che lo renderebbero estremamente impopolare. Le agevolazioni fiscali proposte di recente sono forse l’unico strumento per agevolare la riconversione della produzione.

Per quanto riguarda Cina e Germania, gli Stati Uniti non hanno più oggi quell’autorità morale (e militare) che avevano negli anni Ottanta. Quando il Giappone si trovò in una situazione simile, l’amministrazione Reagan fu in grado di imporre all’alleato nipponico sia una rivalutazione del tasso di cambio che una maggiore apertura delle sue frontiere. Difficilmente Obama può fare altrettanto con la Cina. Per questo una vera ripresa deve attendere.

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