Obama and Clinton: the Two Presidents

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Obama e Clinton, i due presidenti

L’America scopre di avere due presidenti: Barack Obama e Bill Clinton. Non poteva esserci migliore e più plastica rappresentazione della volontà dell’attuale inquilino della Casa Bianca di voler dare una svolta alla sua presidenza; non poteva esistere miglior ritratto delle difficoltà di interpretazione della nuova fase del suo primo mandato, di quello disegnato, o meglio, scolpito, dal duetto (a sorpresa) in sala stampa del Numero 44 (Obama) e del Numero 42 (Clinton).

L’America che guarda a Washington, da due giorni non parla d’altro. Di quel presidente che lascia il passo e il posto sul piccolo podio della briefing room al suo predecessore e si defila, con la scusa di essere già in ritardo per il party di auguri di Natale con lo staff della Casa Bianca (dove l’attende la First Lady), lasciando il “vecchio” Bubba (come è stato soprannominato Clinton) a parlare con i giornalisti per convincerli della bontà dell’accordo siglato tra Barack Obama e il repubblicani sugli sgravi fiscali.

Il New York Times ha rivelato che neppure i più stretti collaboratori di Obama sapevano che al termine dell’incontro con Clinton, venerdì scorso, si sarebbe tenuta una conferenza stampa. Il Numero 42 e il Numero 44 si sono presentati di fronte alla porta della Sala Stampa (dentro la quale c’erano pochi, sonnolenti cronisti) e l’hanno trovata chiusa. Allora, Obama ha chiesto a un impiegata di aprirla; operazione compiuta solo dopo che Robert Gibbs, il portavoce, che aveva colto per caso la richiesta del presidente, ha domandato ai due che intenzioni avessero.

Neppure lui era a conoscenza del fatto che Obama e Clinton avrebbero voluto incontrare i giornalisti per qualche breve dichiarazione. A Gibbs, non è parsa una splendida idea, ma ha fatto buon viso a cattivo gioco, e dopo aver mandato una mail di convocazione urgente a tutti i giornalisti accreditati, ha finalmente lasciato entrare nella briefing room Obama e Clinton.

Che hanno dato vita allo spettacolo che ha fatto il giro del mondo. Dopo aver detto un paio di frasi di circostanza, Obama ha lasciato il palcoscenico a Clinton. Il quale ha difeso a spada tratta (e con una efficace capacità di persuasione) l’accordo raggiunto sugli sgravi fiscali.

Il messaggio che il Numero 44 voleva mandare era molto chiaro: d’ora in avanti mi comporterò come fece il mio predecessore quando – da presidente – dovette fare i conti con un Congresso a maggioranza repubblicana. Un modello che allora venne considerato virtuoso dal partito democratico, che ora invece si ribella contro l’intesa raggiunta da Obama con il GOP.

In realtà, con questa mossa Barack Obama ha trasmesso ai suoi concittadini ben altro messaggio: di non essere in grado di governare e di avere bisogno di un difensore d’ufficio delle sue scelte. E, in più, di aver perso (del tutto?) quel carisma e quelle capacità comunicative che due anni fa l’avevano spinto con il vento in poppa verso la Casa Bianca.

Bill Clinton gli ha dato una vera e propria lezione su come si “vende” all’opinione pubblica una scelta politica delicata come quella che Obama ha preso siglando l’intesa con il GOP.

Non è la prima volta che Bubba va in soccorso di Obama. I tempi degli insulti che risalgono alle primarie, i giorni in cui Clinton diceva a Ted Kennedy che “quel ragazzo non è degno neppure di portarci il caffè”, sono ben lontani. Il Numero 44 ha già avuto bisogno del Numero 42 e l’ex governatore dell’Arkansas non ha lesinato i suoi consigli al successore. Questo ha aumentato il già forte potere e la grande autorevolezza di cui gode Bill Clinton.

Barack Obama ha voluto “sfruttare” quel consenso, ma il suo è apparso più un goffo autogol piuttosto che la realizzazione di una splendida rete dopo l’assist del Numero 44.

Dopo il duetto nella briefing room, l’America ha scoperto di avere due presidenti, ma soprattutto ha capito di avere una grande nostalgia di quello che non è più formalmente in carica.

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