Le “rivelazioni” di WikiLeaks dimostrano l’inutilità dei rapporti della diplomazia e dei servizi segreti che trasmettono e archiviano soltanto quello che già era noto
(10 dicembre 2010)
Sull’affare WikiLeaks si è detto molto ma pare ci sia sempre qualcosa di più da dire. Per esempio, come primo approccio, che sul piano dei contenuti WikiLeaks si rivela uno scandalo apparente, mentre su quello delle forme è qualcosa di più
Uno scandalo è apparente quando porta a livello di pubblico discorso quello che tutti sapevano e dicevano in forme più private, e rimaneva per così dire sussurrato solo per ragioni di ipocrisia (per esempio che in certe facoltà vanno in cattedra i figli del barone). Qualsiasi persona, non dico addentro alle cose della diplomazia, ma che abbia visto alcuni film di intrigo internazionale, sapeva benissimo che, almeno dalla fine della seconda guerra mondiale, e cioè da quando i capi di Stato possono telefonarsi o prendere un aereo per incontrarsi a cena, le ambasciate hanno perso la loro funzione diplomatica (è stato inviato un ambasciatore in feluca a dichiarare guerra a Saddam?) e, tranne piccoli esercizi di rappresentanza, si sono trasformate, nei casi più evidenti, in centri di documentazione sul paese ospite (con l’ambasciatore che quando è bravo fa il lavoro del sociologo e del politologo), e nei casi più riservati, in vere e proprie centrali di spionaggio.
Tuttavia il dichiararlo ad alta voce costringe oggi la diplomazia americana ad ammettere che ciò è vero, e pertanto a subire una perdita di immagine sul piano delle forme. Con la curiosa conseguenza che questa perdita, fuga, stillicidio di notizie riservate più che nuocere alle presunte vittime (Berlusconi, Sarkozy, Gheddafi o Merkel) nuoce al presunto carnefice, e cioè la povera signora Clinton, che probabilmente si limitava a ricevere i messaggi che gli addetti d’ambasciata le inviavano per dovere professionale visto che erano pagati solo per far questo. Il che è poi quello che Assange, secondo ogni evidenza, voleva, visto che il dente avvelenato lo ha contro il governo americano e non contro il governo Berlusconi.
Perché le vittime non vengono toccate, se non superficialmente? Perché, come tutti si sono accorti, i famosi messaggi segreti erano puro “Eco della Stampa”, e si limitavano a riferire quello che tutti in Europa sapevano e dicevano, e che persino in America era apparso già su “Newsweek”. Pertanto i rapporti segreti erano come i dossier che gli uffici stampa di un’azienda inviano all’amministratore delegato, il quale con tutto il daffare che ha non può leggere anche i giornali.
È evidente che i rapporti inviati alla Clinton, non riguardando segrete cose, non erano “pizzini” spionistici. Ma se pure si fosse anche trattato di notizie apparentemente più riservate, come il fatto che Berlusconi ha cointeressenze private negli affari del gas russo, anche lì (vera o falsa che la cosa sia) i pizzini non farebbero altro che ripetere ciò di cui parlano coloro che ai tempi del fascismo erano bollati come strateghi da caffè, e cioè quelli che parlano di politica al bar.
E questo non fa altro che confermare un’altra cosa che si sa benissimo. E cioè che ogni dossier costruito per un servizio segreto (di qualsiasi nazione) è fatto esclusivamente di materiale già di dominio pubblico. Le “straordinarie” rivelazioni americane sulle notti brave di Berlusconi riportano ciò che da mesi si poteva leggere su qualsiasi giornale italiano (meno due), e le manie satrapiche di Gheddafi erano da tempo materia – peraltro anche vecchiotta – per i caricaturisti.
La regola per cui i dossier segreti devono essere fatti soltanto di notizie già note è essenziale per la dinamica dei servizi segreti, e non solo in questo secolo. È la stessa per cui, se andate in una libreria dedicata a pubblicazioni esoteriche, vedrete che ogni nuovo libro ripete (sul Graal, sul mistero di Rennes-le-Chateau, sui Templari o sui Rosa-Croce) esattamente quello che era scritto nei libri precedenti. Questo non solo e non tanto perché l’autore di testi occultistici non ama fare ricerche inedite (né sa dove potrebbe ricercare notizie sull’inesistente) ma perché i devoti dell’occultismo credono solo a quello che sanno già, e che riconferma quello che avevano già appreso. Che è poi il meccanismo del successo di Dan Brown.
Lo stesso accade per i dossier segreti. Pigro l’informatore e pigro, o di mente ristretta, il dirigente dei servizi segreti (altrimenti farebbe, che so, il redattore de “L’espresso”) che ritiene vero solo ciò che riconosce.
Visto pertanto che i servizi segreti, di ogni paese, non servono a prevedere casi come l’attacco alle Twin Towers (e in certi casi, essendo regolarmente deviati, addirittura li producono) e archiviano soltanto quello che già si conosceva, tanto varrebbe eliminarli. Ma, coi tempi che corrono, tagliare altri posti di lavoro sarebbe davvero insensato.
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