Il conflitto di interessi tra generali e industria degli armamenti – L’ANALISI
Generali e ammiragli che lasciano il servizio attivo e ottengono incarichi ben retribuiti presso aziende produttrici di armi ed equipaggiamenti militari. Un conflitto di interessi che al Pentagono è divenuto routine nonostante la norma preveda che debba trascorrere un anno tra il pensionamento di un ufficiale e l’assunzione di incarichi presso l’industria della Difesa.
Una lunga e articolata inchiesta del Boston Globe ha messo in luce una realtà imbarazzante che mette in discussione la politica di acquisizione degli armamenti statunitensi, approvata o sollecitata da generali finiti nel libro paga delle aziende che li producono.
Il quotidiano dell’East Coast ha scoperto che decine di generali e ammiragli, subito dopo aver maturato l’età del congedo, sono assunti da quegli stessi colossi dell’industria della difesa dei quali erano clienti.
In particolare, il Globe riferisce che nel quadriennio 2004-2008 ben l’80% dei generali e ammiragli a tre a quattro stelle pensionati sono stati cooptati come consulenti dalle grandi corporation degli armamenti. Nel 2007 ben 34 dei 39 alti gradi delle forze armate Usa andati in pensione passarono alle dipendenze delle compagnie di Aerospazio e Difesa.
Tra i molti casi, il Boston Globe cita quello di un generale a quattro stelle (massimo grado militare) dell’Aeronautica, Gregory Martin, che dopo aver seguito per quattro anni i progetti degli aerei Stealth (invisibili ai radar) è andato in pensione nel 2005 accettando una consulenza dalla Northrop Grumman, il colosso aeronautico che produce il bombardiere “invisibile” B2 Spirit costruito in 21 esemplari al costo un oltre un miliardo di dollari ciascuno.
Contemporaneamente, il generale Martin ha anche accettato l’offerta del Pentagono di costituire un gruppo di studio segreto per lo sviluppo della tecnologia Stealth per i futuri aerei invisibili. Ovviamente la competenza del generale non è in discussione ma il fatto che venisse pagato dai contribuenti per ricerche su nuove tecnologie e al tempo stesso da un’azienda che produce proprio quel tipo di tecnologie rappresenta un evidente conflitto di interessi.
Un altro caso è quello del Tenente Generale Joseph L. Yakovac, ex vice responsabile delle acquisizioni dell’Us Army e supervisore del progetto per un nuovo veicolo da combattimento terrestre all’interno del programma , cancellato dal Pentagono nel 2009 dopo sei anni e 14 miliardi di dollari di investimenti. Yakovac è andato in pensione e lavora per oggi come consulente per Bae Systems, il colosso britannico dell’industria della Difesa che produce veicoli da combattimento per l’esercito statunitense.
L’analisi del Globe è molto dettagliata e ha preso in esame la carriera post militare dei 750 alti gradi statunitensi andati in pensione negli ultimi venti anni, in buona parte passati all’industria. Pare quindi molto difficile tenere sotto controllo quel “complesso militare-industriale” denunciato da Dwight D. Eisenhower, ex generale e presidente degli Stati Uniti, già il 17 gennaio 1961 nel discorso d’addio alla Casa Bianca.
Il problema denunciato dal quotidiano Usa è presente anche al di fuori degli Stati Uniti e rappresenta una consuetudine anche da noi, dove quasi tutti gli alti gradi e i capi di stato maggiore della Difesa e delle singola forze armate ottengono incarichi di rilievo presso le aziende del settore che in Italia sono soprattutto quelle del gruppo Finmeccanica.
Presidenze, posti nei consigli d’amministrazione e consulenze a generali e ammiragli in pensione che rappresentano un doppio conflitto d’interessi. A differenza degli Stati Uniti, dove è privata, in Italia l’industria della Difesa è quasi tutta a controllo pubblico con il risultato che un generale oltre a percepire dallo Stato una lauta pensione e un’ottima liquidazione, una volta lasciato il servizio incassa altre ingenti somme dall’industria pagate anche queste dal contribuente.
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