Potrebbe essere descritta come una favola di Natale oppure, al (suo) contrario, potrebbe essere interpretato come un machiavellico calcolo politico in vista delle presidenziali del 2012. Perché Barack Obama abbia alzato la cornetta del telefono e abbia chiamato Jeffrey Laurie, il proprietario dei Philadelphia Eagles, per ringraziarlo di aver preso in squadra Michael Vick, lo scopriranno (forse) solo gli storici, se mai prenderanno in esame il fatto.
L’episodio è stato pubblicizzato (dopo previa autorizzazione della Casa Bianca) e raccontato da uno dei due protagonisti. Lurie ha rivelato a Peter King, giornalista di punta della NBC Sports, di aver ricevuto la telefonata da Obama lunedì scorso.
Pochi minuti, durante i quali il presidente lo ha lodato per aver ingaggiato il quarterback, campione della National Football League, condannato per una brutta storia di combattimenti tra cani, fermo per due anni e ripescato la scorsa stagione dagli Eagles. “Molta gente non ha mai avuto una seconda chance nella vita. Grazie per averla data a Michael”, mi ha detto il presidente.
La Casa Bianca ha confermato la chiamata. “Il presidente condanna il crimine per cui Vick è stato processato, ma pensa che le persone che abbiano pagato per i loro sbagli debbano avere un’altra possibilità per dare il loro contributo alla società”.
Stella degli Atlanta Falcons, il quarterback vide interrotta la sua carriera una mattina dell’aprile del 2007, quando i poliziotti (che indagavano su di un traffico di droga nel quale era coinvolto un parente di Michael Vick) scoprirono che il campione di football era dentro fino al collo in un giro di combattimenti per cani.
Le scommesse erano gestite dallo stesso giocatore, ma soprattutto gli inquirenti vennero a sapere che Vick aveva ucciso alcune delle bestie perché ritenute non competitive nei combattimenti. Il giudice lo condannò a 23 mesi di carcere e la National Football League lo sospese dall’attività agonistica.
Terminato il periodo di pena, nessuna squadra voleva Michael Vick. Solo i Philadelphia Eagles si fecero avanti e gli proposero un contratto di un anno, poi rinnovato. Una scelta premiata, visto che comunque – seppur non ai livelli di una volta – il quarterback si è dimostrato uno dei giocatori di maggior talento del campionato.
Una scelta premiata anche dalla telefonata di Barack Obama. Ma perché il presidente l’ha fatta? Il Washington Post non si è stupito che lui, così attento ai fatti del sociale e del costume, abbia voluto intervenire.
In fondo, ricorda il quotidiano della capitale, in passato aveva parlato della responsabilità dei padri nel far crescere i loro figli; aveva preso posizione contro l’arresto ingiustificato di un docente nero di Harvard; ultimamente, aveva anche confessato la sua posizione più aperta rispetto ai matrimoni gay.
Per cui, l’idea di prendere parola in un caso emblematico, in una vicenda dove a un personaggio pubblico, un campione nero, sia stata data la fatidica seconda chance, è sembrato a lui il modo migliore per dare un’indiretta lezione di cultura e civiltà.
Quanti americani (soprattutto afro-americani) rimangono degli emarginati, non riescono a reintegrarsi, trovare un lavoro per i piccoli, grandi guai in cui incappano con la giustizia. Raramente trovano qualcuno disposto a dare loro fiducia. Michael Vick è stato più fortunato, in virtù della fatto che fosse un campione e un personaggio pubblico. Il suo, quindi, per Obama diventa un caso simbolico, un esempio positivo per il resto del Paese.
Questo il senso della sua telefonata, per chi ha una visione buonista dell’avvenimento. C’è invece chi è molto malizioso e guarda con ben altri occhi a quello che è successo. E pensa a un mero calcolo politico da parte di Obama.
Il presidente – dice questa lettura – ha voluto mandare un segnale all’elettorato nero, quello che rischia di perdere con la sua futura politica di compromesso con il GOP: sono ancora dalla vostra parte. Un messaggio mirato ai “voti neri” della Pennsylvania, uno degli stati che sarà in bilico nel 2012, l’anno delle presidenziali.
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