On Libya, Obama Speaks to the Nation: "We Cannot Turn Our Backs on the World"

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Libia, Obama parla alla nazione: «Non possiamo voltare le spalle al mondo»

Il colonnello Gheddafi cadrà sotto lo stillicidio dell’azione militare degli alleati e sotto la tremenda pressione dell’isolamento. Ma non ci sarà un’operazione di terra per defenestralo, l’azione militare resterà limitata e l’America continuerà a fare un passo indietro lasciando il comando alla Nato. Alla fine il regime del Colonnello finirà per implodere e l’azione della coalizione avrà avuto successo. Questo è il pronostico di Barack Obama in un importante discorso alla Nazione ieri notte, dalla Defense University a Washington, il discorso più lungo e complesso che abbia pronunciato sulla crisi in Medio Oriente da quando ci furono le prime avvisaglie di una rivolta in Tunisia.

Il presidente americano ha rivendicato il ruolo di leadership del suo paese e ha ricostruito passo passo la costruzione del caso militare e strategico contro il dittatore libico: «La storia è in movimento in Medio Oriente e in Nord Africa lo è grazie ai giovani e dovunque siano e dovunque cerchino la libertà devono sapere che troveranno un amico negli Stati Uniti. Questa è la misura di leadership per l’America… So che molti di voi erano tentati di voltare le spalle al mondo, ma se alla fine interveniamo è perché più la gente è libera più garanzie ci sono per la nostra libertà».

Obama, già oberato da due guerre costate mille miliardi di dollari e migliaia di caduti, ha spiegato a un Paese stanco di combattere, preoccupato per la disoccupazione, per i debiti per i postumi di una crisi finanzaria, l’urgenza improvvisa di proteggere la popolazione libica e la città di Bengazi in particolare, 700mila abitanti, da un massacro che sarebbe stato compiuto in violazione della risoluzione dell’Onu. Ha elogiato la sincronia e l’unità di intenti di una coalizione internazionale che ha agito su mandato delle Nazioni Unite e ha detto in termini espliciti che la comunità internazionale non poteva permettersi di essere sbeffeggiata da Tripoli. «La Libia è fra la Tunisia e l’Egitto, due nazioni in cui il movimento rivoluzionario dei giovani ha portato a un passaggio dei poteri pacifico…. Due paesi ancora in transizione delicata. Sapevamo che aspettare un altro giorno in Libia poteva tradursi in un massacro il cui riverbero avrebbe percosso tutta la regione macchiando la coscienza del mondo intero. Che messaggio avremmo dato agli altri dittatori che resistono la loro popolazione? Che avrebbero avuto mano libera. Ho rifiutato che questo potesse accadere e ho autorizzato l’azione per far rispettare la risoluzione del consiglio di sicurezza e la aprola dell’Onu. Per applicare la risoluzione abbiamo colpito le truppe di Gheddafi e abbiamo salvato forse decine di migliaia di persone».

Al di la delle polemiche sui tempi, sull’impegno del presidente, sulla logica di un attacco limitato, la necessità di dare un segnale chiaro al resto del mondo ha prevalso: «Siamo dalla parte dei giovani e della libertà – ha detto ancora Obama in altro passaggio – questo non potevamo non dimostrarlo».

Restano dopo questo discorso i dubbi su certi aspetti di questa strategia: opportunismo ex post? O vera scelta maturata a tavolino a sangue freddo? Il Senatore McCain ad esempio si è domandato che bisogno ci fosse ieri notte di rassicurare Gheddafi sul fatto che l’operazione sarà limitata «ora dormirà più tranquillo, penserà che potrà fare come Saddam Husseine, restare al potere pur limitato nella sua roccaforte…». Poi, in tono polemico, ha detto «e voglio aggiungere che il presidente non era così sicuro fin da subito, anzi….dobbiamo ringraziare Hillary Clinton e l’azione della Francia e della Gran Bretagana se la Casa Bianca si è decisa a intervenire».

Forse. Ma è vero che gli obiettivi enunciati da Obama fin dal primo giorno della crisi libica sono stati raggiunti con precisione e metodo. Prima di attaccare il presidente voleva avere un mandato internazionale, voleva avere l’avvallo del mondo arabo, voleva costruire una coalizione di ampio respiro «E domani a Londra all’incontro con il governo provvisorio libico ci saranno trenta paesi…» ha detto ancora Obama. Questi obiettivi sono stati enunciati con chiarezza dalla Casa Bianca fin dal primo giorno in cui è stato detto dal Presidente in persona che Gheddafi se ne sarebbe dovuto andare. Da li in avanti abbiamo sentito e letto di tutto. Commenti male informati o in mala fede sia da parte dell’opposizione che da alcuni espoenti democratici sulal lentezza del Presidente sulla sua titubanza sulla sua mancanza di coraggio. Ma Obama è uomo metodico. E’ “cool” come si dice per strada. E ha seguito la sua strada, per poi sentirsi dire dagli stessi che lo attaccavno per la sua lentezza che si era spinto troppo in là con attacchi non autorizzati dal Parlamento. La sponda di ieri era libica, ma il messaggio che è rimbalzato da quella sponda è per il resto del mondo arabo, dalla Siria ad alcuni paesi del Golfo, in un contesto di contagio che non si arresteraà al Nord Africa, ma che proseguirà certamente fino al Golfo e forse fino all’Iran che segue con apprensione gli sviluppi e che si rende conto che il messaggio in arrivo dalla Libia era soprattutto per gli Ayatollah.

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