Why Hillary Is Tempted by the Bank

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Lo staff del dipartimento di stato americano ha smentito categoricamente. La Reuters però non si tira indietro e ribadisce: le voci diffuse ieri dall’agenzia sulla possibile candidatura di Hillary Clinton alla Banca mondiale sono tutt’altro che fantasiose. In effetti, a fare un giro per i giornali americani, sono tante le fonti “anonime” washingtoniane che confermano l’ipotesi. A metà 2012, quando scadrà il mandato dell’attuale presidente Robert Zoellick, il segretario di stato Usa sarebbe intenzionato a diventare la prima donna a occupare il posto che fu di Robert McNamara e Paul Wolfowitz. Un posto ancora più ambito oggi, quando una serie di stati chiave in Medio Oriente si avvia a ristrutturare dalle fondamenta le loro economie.

È ovvio che la Clinton smentisca – spiegano i bene informati: una candidatura troppo precoce avrebbe solo l’effetto di indebolirla e di farle perdere credibilità nel suo ruolo attuale, minando allo stesso tempo la credibilità della politica estera americana.

Ma l’incastro, e il tempismo della nomina, sarebbero a dir poco perfetti.

Hillary ha detto più volte a chiare lettere che non intende rimanere a Foggy Bottom oltre le elezioni del 2012. Ma che quella data segni la fine della carriera politica dell’ex first lady è una fantasia che non viene neppure presa in considerazione. È per questo che il nome della Clinton è finito in mezzo a tutti i totonomine degli ultimi mesi. Si parlava di lei per il dopo-Bob Gates al dipartimento della difesa, ma il presidente Obama ha pescato dal cappello la carta Leon Panetta. Altri la immaginano in ticket con l’ex rivale Barack per tornare alla Casa Bianca. Oppure, secondo altri ancora, la donna più potente d’America potrebbe sfidare l’attuale presidente nelle primarie democratiche. Ma sarebbe un suicidio sicuro, e Hillary non è tipo da harakiri. Benché i sondaggi mostrino per il segretario di stato un gradimento superiore a quello del presidente, la base democratica è saldamente fedele a Obama.

Niente change, per stavolta.

Non soprenderebbe allora se davvero la Clinton stesse cercando un posto di prestigio, magari al riparo dalle quotidiane schermaglie politiche di Washington, e magari in vista di un ritorno sulla scena politica nazionale per le presidenziali del 2016. Lo scriveva ieri David Rothkopf di Foreign Policy, aggiungendo che quella di Hillary alla World Bank è «una storia così buona che “merita” di esser vera». Da sempre Hillary Rodham e il marito Bill seguono i temi dello svilluppo del Terzo Mondo. E con un’altra donna – la francese Christine Lagarde – avviata verso la presidenza del Fondo monetario internazionale, sarebbe un segnale potente di svecchiamento di quelle istituzioni (dando voce «al più grande gruppo sociale del mondo la cui rappresentanza è sottodimensionata», proseguiva lo stesso Rothkopf).

Se si facesse avanti un peso massimo come la Clinton, non ci sarebbe partita. I paesi in via di sviluppo vedrebbero ancora una volta deluse le loro aspettative di infrangere il duopolio Usa-Europa alla Banca e al Fondo.

Del resto il principale finanziatore di quelle istituzioni è proprio lo stato americano. E per convincere il Congresso ad aprire i cordoni della borsa, un cinese o un indiano (per quanto autorevoli) potrebbero non essere le persone più adatte.

Certo, dopo la fuga di notizie sulla Reuters e la secca smentita del governo Usa, Hillary potrebbe rivedere i propri piani. Ma ad oggi poche poltrone hanno il fascino di quella della Banca mondiale. Nei paesi in cui la fase “rivoluzionaria” della primavera araba si sta concludendo, come Egitto e Tunisia, già si discute di piani di sviluppo che uniscano la liberalizzazione dei mercati al processo verso la democrazia. In questa nuova fase i soldoni della World Bank contano più degli aerei della Nato, e alla Clinton piace stare seduta sempre in prima fila.

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