Murdoch’s at Risk Empire Open on the American Front

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Il ministero della Giustizia Usa pronto ad avviare un’inchiesta legata allo scandalo tabloid-gate: dalla Fox al Wall Street Journal, l’influenza del tycoon di origine australiana può essere largamente ridimensionata

NEW YORK – Oltre al terremoto politico che decapita Scotland Yard e sconvolge Londra, su Rupert Murdoch incombe il crollo del suo impero americano, ben più consistente ormai della filiale inglese. E non solo perché adesso tra le vittime eccellenti dello spionaggio spuntano due star (l’attore Jude Law e il calciatore David Beckham) che forse furono intercettati sul territorio americano.

Fcpa è la sigla che può segnare la fine di Rupert Murdoch. Fcpa, sono le iniziali del Foreign Corrupt Practices Act, la normativa che preclude alle imprese americane ogni sorta di corruzione, le rende perseguibili non solo per reati commessi sul territorio americano ma anche all’estero. È la ragione per cui lo scandalo delle intercettazioni illegali in Inghilterra, ottenute corrompendo pubblici ufficiali, è già entrato nella sua “seconda puntata” negli Stati Uniti, dove Murdoch ha trasferito da anni il centro economico e la sede legale del suo gruppo, la News Corp.

Lui stesso ha acquisito la cittadinanza Usa. Tutte decisioni logiche dal punto di vista degli affari: l’America è un mercato ben più ricco della Gran Bretagna, e Murdoch vi ha collezionato conquiste importanti dal colosso Fox (tv e cinema) al quotidiano The Wall Street Journal. Ma l’americanizzazione del suo impero mediatico si rivelerà una decisione fatale, se rende Murdoch più vulnerabile.

Negli Stati Uniti i nemici non gli mancano. Il più importante di tutti sta alla Casa Bianca: Barack Obama dopo essersi insediato da presidente nel 2009 decise un lungo “sciopero delle interviste” contro la Fox News, per castigarne la faziosità al servizio della destra. Ora, sono castighi molto più severi quelli che il presidente potrebbe applicare a Murdoch. L’arresto di Rebekah Brooks potrebbe passare in secondo piano: è il suo padrone a rischiare.

“Tutto l’impero Murdoch è costruito su un sistema di valori che si sta disintegrando. Corrompere funzionari dello Stato per loro è routine. Questa non è una vicenda che si chiude in poche settimane”. Chi parla è John Podesta. Presidente del Centre for American Progress, think tank del partito democratico, nonché ascoltato consigliere di Obama.

Il ministro della Giustizia, Eric Holder, dice che “il Dipartimento sta esaminando la possibilità di aprire un’inchiesta formale, con l’uso di tutte le agenzie competenti”. Che sono almeno tre: l’Fbi come polizia giudiziaria, la Sec che è l’organo di vigilanza sulle Borse (News Corp è quotata), la Federal Communication Commission che vigila sui media.

Tra i filoni d’inchiesta compare lo spionaggio ai danni delle vittime dell’11 settembre e dei loro familiari: in questo caso le vittime sarebbero cittadini Usa. Quand’anche si rivelasse inconsistente la pista dell’11 settembre, resta solida l’altra: corruzione all’estero da parte di una società americana. Se incastrata con il Foreign Corrupt Practices Act, News Corp rischia fino a due milioni di multa, i dirigenti responsabili fino a 5 anni di carcere, più l’eventuale revoca delle licenze. Murdoch potrebbe così vedersi “sfilare” il controllo di tutta la rete Fox (pay-tv con canali di informazione, sport, cinema), la gemella Fx, l’emittente National Geographic. A quel punto il danno economico sarebbe mortale.

Prima ancora di arrivare allo scenario estremo, le macchie infamanti all’onorabilità di Murdoch possono costargli care. Secondo Allyson Stewart-Allen che dirige International Marketing Partners, “si rischia una fuga degli inserzionisti pubblicitari dalle testate americane del gruppo”. La fama di Murdoch come imprenditore è già scossa dalla catena di errori, la sua autorevolezza personale ne esce male, così come la linea di successione in famiglia. “Gli azionisti – dice Stewart-Allen – si chiedono se c’è un leader capace al timone. E dubitano che il figlio James lo sia”.

Agli eventuali guai giudiziari, alle ostilità politiche, si aggiunge un problema di credibilità nel mondo degli affari. Porter Bibb di Mediatech Capital Partners prevede che “l’influenza di Murdoch uscirà drasticamente ridimensionata”. Per salvare l’azienda, insomma, devono farsi da parte lui e il figlio. Un colpo durissimo per un magnate dei media così autoritario, e abituato a lasciare un’impronta personale su ogni testata. Anche troppo: sul New York Times il columnist Joe Nocera sbeffeggia l’intervista “in ginocchio” che il Wall Street Journal ha fatto due giorni fa al proprio padrone.

Uno scivolone, per il grande quotidiano economico che fino a qualche tempo fa era riuscito a salvare la propria integrità almeno nell’informazione (ben distinta dai commenti) e che in questa crisi invece è stato spinto verso un’obbedienza totale. Anche questo asservimento del Wall Street Journal nella disperata difesa del suo editore è un segnale: ormai è la battaglia di Little Big Horn, col generale Custer e pochi fedelissimi ormai circondati.

Per i democratici, Murdoch è un bersaglio d’importanza strategica. Se il Wall Street Journal con le sue pagine dei commenti è “l’organo pensante” di neoconservatori e neoliberisti, la Fox News dopo il sorpasso su Cnn è la cable-tv numero uno in America, e la “rete militante” che ha sferrato una guerra senza quartiere contro Obama. In tutte le campagne anti-Obama la Fox è la punta di diamante, anche nelle più volgari: ha dato spazio perfino a chi accusava il presidente di essere un usurpatore privo della cittadinanza americana, o di essere un musulmano. Ha demolito la sua riforma sanitaria, le sue iniziative ambientali, la politica fiscale, lo ha etichettato socialista, statalista.

Ora tocca ai democratici passare alla controffensiva. Earl Blumenauer, deputato dell’Oregon, denuncia “la cultura della corruzione che domina dentro News Corp”, il suo collega Peter King chiede che sia usata “la massima severità della legge”. Nell’ora più difficile, colpisce la discrezione dei repubblicani verso un editore che era diventato il loro grande elettore.

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