Barack’s Gloves Are Coming Off

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Barack si toglie i guanti

Ora comincia la vera corsa, e Obama non risparmierà i colpi bassi all’ex governatore del Massachusetts

immagine documento Ora che il quadro delle primarie repubblicane si è fatto più nitido, Barack Obama ha deciso che non c’è più tempo da perdere. Lo si era già capito la settimana scorsa, con il voto del caucus dell’Iowa.

Un voto che aveva fatto registrare un inedito attivismo da parte del presidente degli Stati Uniti. Incontri politici, iniziative, annunci, perfino una sorta di town-hall con gli elettori per non lasciare disabitato il carapace dei caucus democratici (senza avversari, ovviamente, visto che il candidato è uno e uno solo). Fino a santificare l’anniversario della nascita del mantra del 2008 – Yes, We Can – con tanto di video ufficiale.

Parlando ai sostenitori democratici in Iowa, il presidente raccontava che il suo amico e stratega David Plouffe gli aveva fatto rivedere di recente gli spot di quattro anni fa: «E, a parte il fatto che mi sono ingrigito un bel po’ – ha ironizzato Obama – ci siamo ricordati di quella energia incredibile e l’eccitazione e lo spirito di missione comune».

Ricreare quella magia è una missione impossibile per il team del presidente: completamente diverso il quadro economico del paese; l’aria che tirava dopo otto anni di George W. Bush ispirava una voglia di cambiamento e di riscatto che oggi si è illividita, così come la capacità evocativa di un incumbent non è paragonabile all’ascesa inarrestabile di un insurgent come era Obama nel 2008. E, d’altra parte, come consigliano i suoi fedelissimi, non può essere più quello il frame della riconferma.

Lo dimostrano proprio i capelli bianchi del presidente: secondo lo schema tradizionale della comunicazione elettorale, il candidato uscente avrebbe dovuto congelare l’immagine giovanile e gagliarda che lo portò alla Casa Bianca, evitando il più possibile di esporre gli effetti del tempo che passa. Al contrario, Obama sembra quasi esibire la sua canizie, come ha fatto, ad esempio, diffondendo sui social network delle immagini imbiancate che qualsiasi spin-doctor avrebbe suggerito di ritoccare.

Niente da fare, l’operazione-verità su cui il presidente vuole impostare la sua riconferma non può che partire da lui stesso, anche nel look, e non solo nella valanga di dati e cifre con cui sostanziare le tante cose fatte in questi tre anni. Tanto più che la nera chioma del suo probabile avversario Mitt Romney, sbugiardata dalle piume bianche delle basette, è esattamente il reality check che Obama cercherà di imporre in campagna elettorale.

Campagna che si preannuncia tutt’altro che rosea, idealizzata e ispirata come fu nel 2008, quando lo sforzo dei suoi consiglieri fu proprio quello, invece, di sottolineare l’alterità del candidato democratico rispetto a Hillary Clinton, prima, e allo sfidante John McCain, poi. I segnali che vengono dal suo quartier generale a Chicago vanno tutti nella stessa direzione: Obama non farà sconti, risponderà colpo su colpo, incalzando il suo rivale proprio sui temi oggi utilizzati dagli altri aspiranti repubblicani: l’appartenenza di Romney a una élite, il suo lavoro di manager negli anni della famelica Wall Street, la lunga carriera politica.

Mitt lo sa bene e, infatti, l’altra sera, dopo la vittoria in New Hampshire non ha perso tempo e ha attaccato frontalmente Obama, come a dire “adesso a noi due”. Menando fendenti sul carattere “europeo” e “socialista” della presidenza democratica, argomento sventolato come un drappo rosso sotto il naso della Right Nation. Ragion per cui il comandante in capo moltiplicherà, di tutta risposta, iniziative rivolte alla middle class, misure che strizzino l’occhio all’elettorato indipendente, inviti al Congresso a fare presto sul suo piano economico, non possiamo aspettare, we can’t wait. Non sarà evocativo come Yes, We Can, ma sarà questo il tormentone con cui Obama il saggio si vuole riprendere la Casa Bianca.

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