NEW YORK – Crisi del Corano con proteste e morti in Afghanistan, massacri in Siria, e soprattutto il nucleare dell’ Iran: il Medio Oriente può ancora destabilizzare il mondo intero, trascinare l’ America in un conflitto, spegnere la sua ripresa economica, e impedire la rielezione di Barack Obama. Lo sostiene in questa intervista esclusiva a Repubblica il grande esperto di geostrategia Fareed Zakaria, opinionista di Cnn e Time. Bruciare il Corano in Afghanistan oggi! Ma è verosimile che sia stato davvero un incidente? Per il momento in cui è accaduto, a otto mesi dalle elezioni americane, la tentazione di pensare ad “altro” è quasi irresistibile… «Sembra proprio che sia stato un incidente. Quando si tratta di scegliere tra l’ ipotesi dell’ incompetenza e dell’ incidente da una parte, o quella del complotto dall’ altra, nove volte su dieci è vera la prima. Gli esseri umani sbagliano. Non v’ è dubbio che una presenza militare americana in un paese così diverso produca incomprensioni ed errori di comunicazione. Questo ha probabilmente contribuito alla controversia». Le violente proteste in Afghanistan sembrano dare ragione alla destra americana: i candidati repubblicani accusano da tempo Obama di “chiedere scusa” a nome degli Stati Uniti, con l’ unica conseguenza di dare nuovi argomenti agli avversari, di alimentare l’ antiamericanismo. «Queste accuse sono assurde. Obama non “chiede scusa” per l’ America. In alcuni casi ha ammesso che gli Stati Uniti non si sono sempre schierati dalla parte giusta, nei conflitti internazionali. E si è dissociato da alcune politiche di George Bush. Ma questo non significa chiedere continuamente scusa. Questa è retorica da campagna elettorale, e non credo che funzioni. L’ opinione pubblica americana è soddisfatta dell’ approccio di Obama alla politica estera. Ha combattuto duramente Al Qaeda e altri terroristi, ha ucciso Osama Bin Laden, ha tirato fuori l’ America dall’ Iraq e promette di ridurre la presenza militare in Afghanistan, è duro con l’ Iran senza per questo minacciare la guerra. Tutto ciòè popolare. Per la prima volta dai tempi del Vietnam, i repubblicani non hanno un vantaggio in politica estera durante una campagna elettorale». La crisi di questi giorni avrà conseguenze sul ritiro Usa dall’ Afghanistan? «Attenzione, non è un ritiro ma un ridimensionamento. Se viene realizzato nel modo giusto, dovrebbe rafforzare la nostra posizione. Anziché occupare vasti territori, anziché cercare di stabilizzare e governare una nazione che è tra le dieci più povere e conflittuali del mondo, gli Stati Uniti si solleveranno dai compiti di occupazione militare, ridurranno le ambizioni di “costruzione dello Stato”, per concentrarsi sull’ eliminazione dei terroristi. Questo attenuerà l’ anti-americanismo, togliendo argomenti alle accuse di imperialismo, e consentirà agli Stati Uniti di essere flessibili e letali: è quello che conta nella guerra contro i terroristi». La crisi sul Corano in Afghanistan è scoppiata proprio mentre Hillary Clinton doveva recarsi in Pakistan per “restaurare” le relazioni. Cos’ accadrà in questo rapporto difficile e cruciale fra Usa e Pakistan? «Le relazioni si sono in qualche modo stabilizzate ma restano profondamente turbate. La verità è che la stragrande maggioranza dei terroristi che minacciano gli interessi dell’ Occidente oggi vivono in Pakistan, con il sostegno tacito o esplicito dei militari pachistani. E tuttavia questi militari ricevono il 30% dei loro fondi dagli aiuti Usa. Che fare? A volte ci sono dei problemi che non hanno soluzione,e certamente in questo caso una soluzione facile non esiste. L’ attuale politica americana consiste nel tenere il regime pachistano sotto pressione e al tempo stesso continuare a fornire gli aiuti, è comprensibile. Ma ad un certo punto Washington dovrà pur chiedersi cosa sta ottenendo in cambio di quei miliardi di dollari». Il Medio Oriente diventerà un handicap per Obama all’ elezione di novembre? «Il Medio Oriente è in subbuglio, ad Afghanistan Irane Siria bisogna aggiungere l’ instabilità in Egitto e il conflitto tribale in Libia. Ciascuno di questi paesi potrebbe entrare in una crisi incontrollabile. La Siria sta crollando, ma per la brutalità del suo regime credo che sarà un crollo al rallentatore. Il problema più immediato è l’ Iran». In Iran è probabile una guerra? Un attacco di Israele? Con o senza gli Stati Uniti? «C’ è una possibilità, ridotta ma significativa, che Israele attacchi l’ Iran prima di novembre. La vera “finestra di opportunità” che Israele ha in mente, non riguarda l’ evoluzione della tecnologia iraniana ma il ciclo elettorale americano. Se Israele attacca prima di novembre, è difficile per Obama non sostenerlo. Altrimenti offrirebbe il fianco alle accuse dei repubblicani. Non credo che Israele deciderà esclusivamente sulla base di questi calcoli. Molti in Israele, fra i militari e nei servizi segreti, ritengono che i benefici di un attacco non compensano i costi pesanti. Ma la possibilità c’ è. E un attacco cambierebbe tutta la dinamica politica in Medio Oriente». Ci sarebbero anche conseguenze economiche. Uno shock petrolifero potrebbe spegnere l’ attuale ripresa americana? «La maggiore minaccia per la ripresa oggiè uno shock petrolifero. Mario Draghi con la sua azione efficace ha messo fine alle paure di un crollo dell’ eurozona analogo al crac della Lehman. Ma il prezzo del greggio continua a salire nonostante la domanda sia debole. Perché? Tutto ruota attorno alle paure sull’ Iran. Paradossalmente il successo delle sanzioni di Obama verso l’ Iran potrebbe danneggiare l’ economia. La sua politica estera in un certo senso sta indebolendo la sua politica economica, e le sue chance di rielezione»
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