Tough Times in New York

Edited by Anita Dixon

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Un recente studio condotto sulla città di New York mette in evidenza come la metropoli che ospita la borsa americana e le sedi di alcune delle compagnie finanziarie più ricche e potenti del pianeta abbia fatto registrare in questi anni un preoccupante aumento dei livelli di povertà tra i propri abitanti. L’indagine, stilata dal Center for Economic Opportunity (CEO), ha rilevato lo scivolamento al di sotto della soglia di povertà di decine di migliaia di persone tra il 2009 e il 2010, con conseguenze particolarmente pesanti per le famiglie con figli e per i residenti più giovani.

Secondo i ricercatori del CEO, in un solo anno sono stati quasi 100 mila gli abitanti di New York a finire sotto il livello di povertà, pari ad un aumento dell’1,3% che ha portato il totale al 21%. Questa percentuale è la più alta almeno dal 2005, quando cioè le autorità cittadine hanno modificato i parametri per stabilire la soglia di povertà. Per quanto riguarda i minori, più di uno su quattro al di sotto dei 18 anni – il 25,8%, contro il 22,9% nel 2008 – è costretto a vivere in queste condizioni.

Le famiglie con prole, come già accennato, sono ancora più colpite con un tasso del 23% e, inoltre, con un numero significativo appena al di sopra del limite di povertà ufficiale. Se la crisi e la disoccupazione esplosa dopo il 2008 sono fattori determinanti per la riduzione del reddito dei newyorchesi, anche le famiglie nelle quali lavorano due componenti a tempo pieno risultano in difficoltà. Nel 2010, infatti, il 5% di queste ultime era al di sotto della soglia di povertà, quando, complessivamente, i residenti classificati come poveri a New York nel 2010 erano ben 1,7 milioni.

Il Center for Economic Opportunity è stato fondato nel 2006 dal sindaco miliardario di New York, Michael Bloomberg, teoricamente per “implementare modalità innovative che riducano la povertà”, e nel suo più recente rapporto – “The CEO Poverty Measure, 2005-2010” – elogia perciò le modeste iniziative adottate dall’amministrazione cittadina per alleviare gli effetti della crisi.

Crediti di imposta, sussidi per il pagamento dell’affitto, buoni per l’acquisto di cibo e altri programmi pubblici, ampliati a partire dal 2007, hanno però contribuito a contenere l’incidenza della povertà di appena qualche punto percentuale, senza scalfire il quadro generale.

In ogni caso, l’aumento vertiginoso del numero di newyorchesi che hanno beneficiato dei programmi di assistenza testimonia precisamente la gravità della situazione. I residenti che hanno utilizzato i buoni alimentari a New York, ad esempio, sono passati dai 773.000 del 2008 a oltre un milione nel 2010.

Dal momento che il CEO e la città di New York includono questi “benefit” nel calcolo della soglia di povertà ufficiale, essa risulta più alta di quella stabilita a livello federale, rispettivamente 30.055 dollari e 22.113 dollari per una famiglia con due figli nel 2010. Di conseguenza, anche i dati finali non combaciano. Per gli statistici del governo, i newyorchesi in condizioni di estrema povertà, cioè con a disposizione la metà del reddito fissato per la soglia di povertà, sono il 7,7%, mentre per la città sono il 5,5%.

Come era prevedibile, sono le minoranze a passarsela peggio, con il 26% degli ispanici di fatto al di sotto della soglia di povertà, il 25% degli asiatici, il 21,7% dei neri e il 15,2% dei bianchi non ispanici. Ancora, i residenti senza cittadinanza fanno segnare un 27,8%, contro il 19,9% dei nati negli USA e il 17,8% di quelli stranieri naturalizzati americani.

Il quadro così delineato smentisce ancora una volta clamorosamente i dati ufficiali relativi all’andamento dell’economia, secondo i quali la recessione negli Stati Uniti sarebbe terminata nel giugno del 2009.

In realtà, da questa data a beneficiare della presunta “ripresa” è stata sola una ristretta classe di privilegiati. I due binari su cui si è mossa l’economia americana in questi ultimi anni appaiono in tutta la loro evidenza proprio in una città come New York, dove da un lato oltre un residente su cinque fatica a far quadrare il bilancio e dall’altro si registra la maggiore concentrazione di ricchezza del paese e, forse, di tutto il mondo.

Questa situazione ha portato ad un’esplosione delle disuguaglianze sociali nella metropoli, paragonate da una recente indagine condotta da un altro centro studi con sede a New York, il Center for Working Families, a di paesi latinoamericani come l’Honduras, dove la distribuzione della ricchezza è tra le più inique del pianeta.

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