The Cheeseburger Agreement

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Il patto del cheeseburger

Parlando di cheeseburgerepatatinefritte Barack Obama e François Hollande hanno siglato nello Studio Ovale l’intesa che si propone di salvare la Grecia, rilanciare la crescita nell’Eurozona e far decollare quella degli Stati Uniti in tempo utile per l’Election Day. Alla basedel patto franco-americano ci sono gli interessiconvergentideidueleader.

Per essere rieletto in novembre Obama ha bisogno di recuperare in fretta posti di lavoro, di un clima economico positivo nell’area transatlantica e dunque non può permettersi lo scenario di lunghi mesi di incertezza sulla sorte di Atene e, di conseguenza, sulla tenuta dell’Eurozona. Hollande invece ha le elezioni alle spalle ma punta a imporsi in Europa come il leader di una coalizione di Paesi accomunati dalla necessità di creare posti di lavoro e far aumentare il tenore di vita degli abitanti per respingere l’assalto dei partiti estremisti, di destra come di sinistra, alimentati dallo scontento contro il rigore fiscale frutto degli accordi europei che molto devono alla Germania di Angela Merkel.

Tanto la rielezione di Obama quanto la scommessa di Hollande ruotano attorno al fattore-tempo ovvero la necessità di approvare in fretta misure di stimolo all’economia che, senza accrescere i debiti, rilancino in avanti lo sviluppo di entrambi. Per questo il capo dell’Eliseo mette l’accento con Obama sul fatto che «le nostre economie dipendono l’una dall’altra» trasmettendo alla Casa Bianca la sensazione di aver trovato un interlocutore europeo più interessato della Merkel alla ripresa americana. Berlino ha avuto almeno due occasioni per dimostrare di essere tale: nel 2010 al vertice di Seul del G20, quando voltò le spalle a Washington scegliendo di schierarsi con Pechino a difesa dei rispettivi surplus commerciali, e nel giugno 2011 allorché la Casa Bianca accolse la cancelliera con un cerimoniale senza precedenti andando poi incontro alla delusione dovuta alle sue continue oscillazioni sull’impegno tedesco a favore dei firewall necessari per difendere la moneta unica europea. Negli ultimi due anni, Obama ha guardato con insistenza a Berlino nella convinzione che la più florida economia dell’Eurozona fosse l’interlocutore indispensabile per rilanciare la crescita del Pil dell’Occidente ma a fargli cambiare idea sono state le continue esitazioni di Angela Merkel, motivate spesso con ragioni di politica interna tedesca che hanno messo a dura prova la comprensione di alcuni dei veterani del desk Europa del Dipartimento di Stato.

Da qui l’affannosa ricerca di un nuovo interlocutore europeo che le recenti elezioni francesi hanno recapitato alla Casa Bianca perché Hollande è portatore di un programma economico assai simile a quello redatto dal Team Obama. Resta da vedere se ora Hollande saprà rivelarsi un credibile partner di Obama nella battaglia pro-crescita nello spazio dei pochi mesi a disposizione prima delle elezioni americane. Ma Barack non ha altre alternative possibili: se l’italiano Mario Monti è il leader europeo con la credibilità necessaria per trattare con Berlino, è Hollande l’alleato strategico per accelerare sulla crescita. Da qui la scelta di andare all’offensiva sul tavolo del G8, puntando a siglare oggi a Camp David un patto capace di allontanare l’incubo che sia il crac dell’Eurozona a poter condizionare le elezioni americane.

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