Catholics File Lawsuits Against Obama: “We Will Not Pay for Contraceptives”

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Sanità, i cattolici fanno causa a Obama

“Non pagheremo per i contraccettivi”

La riforma sanitaria voluta dal presidente obbliga i datori di lavoro a offrire assicurazioni mediche che coprono anche metodi di controllo delle nascite. La Casa Bianca aveva fatto retromarcia, ma ora le associazioni tornano all’attacco. Come anche il partito repubblicano

NEW YORK- La battaglia politica ed etica sulla contraccezione negli Usa diventa anche legale. Le arcidiocesi di New York e Washington, insieme a una quarantina di altre istituzioni e gruppi cattolici, hanno avviato una causa contro la riforma sanitaria fortemente voluta da Barack Obama. Sotto accusa soprattutto la controversa norma che obbliga i datori di lavoro a fornire ai loro dipendenti una assicurazione medica che comprende la copertura per contraccettivi.

L’accusa è sempre la stessa: la norma sarebbe incostituzionale, in questo caso perché forzerebbe anche le istituzioni affiliate ad enti religiosi a sostenere indirettamente pratiche per il controllo delle nascite contrarie ai loro principi.

Già all’inizio dell’anno i vescovi cattolici e varie istituzioni religiose erano scesi sul piede di guerra contro la norma della riforma che riguarda ‘la pillola’, dando vita a settimane di accese polemiche, anche in Congresso. Infine, in febbraio, il presidente Obama aveva però accettato un compromesso, e annunciato che le istituzioni affiliate con organizzazioni religiose non avranno più l’obbligo di coprire la spesa sanitaria dei dipendenti per gli anticoncezionali: “Le organizzazioni religiose non dovranno pagare per questi servizi o provvedervi direttamente”, aveva precisato Obama.

Nel suo annuncio, l’inquilino della Casa Bianca, che non aveva rinunciato ad accusare le opposizioni di aver usato la questione in termini politici in un anno elettorale, aveva messo l’accento sul principio della libertà religiosa, che in America “è un diritto inalienabile”, e aveva sottolineato: “Così la libertà religiosa verrà protetta e una legge che istituisce cure preventive gratis non discriminerà le donne”.

Parole che sembravano aver disinnescato la polemica, ma evidentemente dopo la calma apparente è ora di nuovo scontro aperto. Tanto che persino l’Università di Notre Dame, che a febbraio aveva accolto l’apertura di Obama con soddisfazione, è ora tra gli enti che hanno sottoscritto l’azione legale. Perché “da allora i progressi non sono stati incoraggianti”, ha detto il reverendo John Jenkins, presidente dell’ateneo.

La legge contestata – uno dei maggiori successi della politica del presidente – estende la copertura sanitaria a 32 milioni di americani, espande i programmi di assistenza del governo per i più poveri, aumenta il carico fiscale per i più ricchi e vieta alle compagnie assicurative alcune pratiche discriminatorie, come la possibilità di rifiutare una polizza a persone che abbiano problemi di salute pregressi.

Una riforma che non sembra rivoluzionaria a noi europei, abituati a una sicurezza sociale garantita a tutti, seppur con le lentezze e le inefficienze della sanità pubblica. Eppure questi semplici principi hanno scatenato incredibili battaglie di principio negli States. Spesso con l’accusa proprio di incostituzionalità perché pone dei limiti alla libertà individuale (obbligando i cittadini ad assicurarsi o a pagare una penalità fiscale) e perché entra in un territorio che non è competenza federale ma dei singoli Stati.

E questo spiega perché la riforma sanitaria targata Obama sia sotto l’intenso fuoco non solo dei cattolici, ma anche dei repubblicani. Da sempre contrari, il Great Old Party e il suo candidato alla Casa Bianca, Mitt Romney, hanno già fatto sapere che la prima cosa che faranno se eletti è abolirla. Perché la libertà viene prima di tutto. Anche la libertà di non avere soldi per assicurarsi o essere discriminati, verrebbe da dire.

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