On Taxes, Obama Wins

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Ha cominciato all’attacco Barack Obama. ‘Untrue’, non vero, ha detto Obama alle affermazioni dello sfidante Mitt Romney sull’energia e sulla disoccupazione. E ha continuato con lo stesso tono quando è stato introdotto l’argomento tasse.

Barack Obama questa volta non è apparso moscio, un po’ spento, quasi rassegnato come nel primo dibattito.

Lo sfidante repubblicano ha risposto ai ‘non è vero’ di Obama ripetendo che lui ha un programma in cinque punti per ridurre la disoccupazione, per aumentare l’autonomia energetica, per favorire la creazione di posti di lavoro. Ma quando si tratta di scendere nei particolari, Romney fornisce scenari decisamente fumosi.

Vuole abbassare le tasse per tutti, sostiene, perché così si liberano energie per creare altri posti di lavoro. «Per carità», dice, «io non voglio abbassarle solo al due per cento più ricco del Paese». Ma quando poi afferma che il cinque per cento degli americani contribuiranno sempre a produrre il 60 per cento del gestito fiscale, Romney dice una cosa senza senso perché comunque i più ricchi contribuiranno in proporzione di meno di coloro che meno guadagnano.

E quando poi lo sfidante repubblicano dice di voler cancellare le tasse sul capital gain, ammette di fatto che vuole premiare solo se stesso e quelli come lui: perché Romney, con 250 milioni di dollari di patrimonio e guadagni annuali di molti milioni di dollari, paga una media del 14 per cento di tasse, mentre un lavoratore dipendente o il titolare di una piccola impresa paga un’aliquota di gran lunga superiore.

Obama, più semplicemente, vuole abbassare le tasse per la classe media e far pagare di più a coloro che guadagnano più di 250 mila dollari l’anno.

Poi è arrivato lo scontro su energia e prezzo della benzina: ed è stato come quando due pugili si cambiano colpi a ripetizione.

Romney ha accusato Obama e la sua politica di essere la causa dell’aumento del carburante fino a oltre quattro dollari al gallone (parliamo quindi 80 centesimi di euro al litro); Obama ha replicato che la benzina costava meno quando lui è arrivato alla Casa Bianca perché l’America era sull’orlo del baratro.

Romney ha poi accusato Obama di aver tagliato i permessi di trivellazione di petrolio, il presidente ha ribattuto che la produzione interna è superiore di quella dei tempi di Bush junior. E poi, l’affondo: «Romney pensa solo a petrolio e gas e non alle altre fonti. I permessi ritirati sono legati al fatto che le compagnie non li usavano e li tenevano da parte volendo decidere loro usando cominciare l’estrazione».

A Romney che ripeteva come un mantra «ho un piano in cinque punti» e «gli ultimi 4 anni non sono stati buoni», Obama ha elencato le cose fatte. Non bastano? Forse. Si poteva fare di più? Certo. Ma Obama ha rivendicato di aver tirato fuori l’America fuori dall’Iraq, di aver messo fine all’era di Osama bin Laden, di aver dato l’assicurazione sanitaria a tutti («la stessa che Romney fece da governatore del Massachusetts e che ora vuole cancellare», ha ricordato Obama), di aver abbassato le tasse alla classe media, di aver varato una legge di riforma di Wall Street per evitare un altro crack (peccato che sia ancora sulla carta e funzioni poco).

Anche la Libia è stata terreno di duro confronto che si è allargato alla politica in tutta l’area. Obama ha accusato Romney di aver trasformato una questione di sicurezza (l’attentato all’ambasciata Usa di un mese fa) in propaganda elettorale; Romney ha replicato che il giorno dopo l’attacco a Bengasi (ucciso l’ambasciatore americano più altri tre) era a Las Vegas per un comizio e una raccolta fondi. E’ stato il momento in cui il presidente e’ apparso furioso per l’uso propagandistico di una tragedia per la quale il segretario di atto Hillary Clinton si è peraltro assunta la responsabilità in quanto alla testa del corpo diplomatico.

Lo scontro è quindi proseguito sulla Cina, con Romney che vuole denunciare Pechino per «scorrettezze e trucchetti commerciali» mentre Obama vuole evitare che le aziende Usa vadano in Cina e non paghino poi tasse adeguate. Ma alla fine ogni argomento è stato la scusa per tornare allo scontro chiave sui posti di lavoro da creare e sulle tasse.

Chi ha vinto? Questa volta Obama ha mostrato grinta da candidato e da presidente. E Romney ha perso un’altra occasione di rispondere alle domande che più o meno metà degli americani si pongono sul suo piano in cinque punti.

Tra una settimana il terzo ed ultimo confronto Obama-Romney, poi altri sette giorni e gli americani sceglieranno chi sarà il prossimo presidente degli Stati Uniti.

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