Political Crisis Puts the US and Italy to the Wall

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Il primo leader che Obama ha incontrato alla Casa Bianca dopo la vittoria sull’ala intransigente dei Repubblicani, che non voleva alzare il tetto del debito pubblico, è stato Enrico Letta. Anche lui, come il Presidente statunitense, era reduce da uno scontro mortale, conclusosi a suo favore, con i membri del Pdl fedelissimi a Berlusconi. Nessuno dei due uomini è però tanto sciocco da pensare che la guerra è stata vinta.

A gennaio Obama ai ritroverà di fronte la stessa opposizione da parte degli medesimi Repubblicani, il congresso americano ha infatti concesso al Presidente soltanto pochi mesi di tempo. Il problema di fondo insomma rimane irrisolto, presto il paese si ritroverà a corto di soldi per gestire la cosa pubblica e bisognerà rialzare il tetto del debito pubblico.

Anche Letta governa in un’atmosfera di profonda precarietà e sa bene che la prossima crisi di governo può scoppiare ogni istante e per qualsiasi motivo. Mentre si intratteneva con Obama, a Washington, in Italia sindacati e lavoratori scioperavano e sfilavano nelle strade della capitale contro la fiscal review ed il suo governo.

In fondo la precarietà della politica attuale è legata alla natura ‘arcaica’ delle nostre democrazie, costruite in un contesto sociale ed economico profondamente diverso da quello in cui viviamo. In altre parole per migliorarne il funzionamento bisogna modernizzarle, ma questa non è un’impresa così facile ed è anche pericolosa, ad esempio, nel caso dell’Italia la legge elettorale del porcellum ha fatto sì che una manciata di individui decidano la composizione dell’intero parlamento.

Per i membri del Tea Party, il tetto del debito è lo strumento principale onde evitare politiche fiscali sbagliate, in altre parole spendaccione, ed era questo lo spirito con il quale i padri fondatori imposero il limite al debito. I membri del Tea Party sono anche fautori del pareggio di bilancio, obiettivo nobilissimo anche a detta dei padri fondatori.

Ma oggi, come anticipato dal Financial Times questa settimana, sbarazzarsi dell’attuale disavanzo statunitense, pari al 4,2 per cento del Pil, sarebbe una pazzia perché farebbe contrarre quest’ultimo del 10 per cento – a seguito della riduzione drastica della spesa e della domanda aggregata. Se consideriamo che solo ora l’economia mondiale si sta riprendendo dallo shock della bancarotta della Lehman Brothers, avvenuta nel 2008, è facile immaginare come una contrazione del Pil statunitense di 10 punti percentuali possa aprire scenari economici apocalittici, non solo per gli Stati Uniti ma anche per il mondo intero.

Discorso analogo si può fare per il nostro paese, far rientrare i conti pubblici nei parametri imposti dall’Unione Europea attraverso politiche fiscali più rigide, ad esempio l’aumento dell’Iva, è controproducente per la ripresa economica che ancora neppure si intravede all’orizzonte.

I padri fondatori americani hanno costruito il sistema politico sul compromesso. L’hanno fatto per evitare che questo venisse manipolato dalle élite o dalla maggioranza e nel 18 esimo secolo questa strategia funzionava ma nel 21 esimo?

In passato, tutti i grandi scontri tra i due partiti di maggioranza americani hanno avuto carattere ideologico. In fondo anche quello attuale ha la stessa connotazione: al centro della disputa tra i repubblicani appartenenti o simpatizzanti del Tea Party ed il presidente c’è la riforma sanitaria, meglio conosciuta come Obamacare. Ma oggi i primi possono usare la legge relativa al tetto del debito i come merce di scambio per posticipare, con lo scopo di sabotare, la riforma sanitaria. Il debito, la disciplina fiscale persino l’economia sono ormai ostaggio della battaglia politica ed ideologica che si combatte a Washington.

Ci troviamo di fronte ad una situazione che i padri fondatori non potevano certamente prevedere e che apre una serie di scenari surreali tra i quali la bancarotta della nazione più ricca al mondo.

Ormai gran parte delle democrazie occidentali sono costrette a sopravvivere con le grandi coalizioni in un sistema costruito per governi di maggioranza, il compromesso è l’anima della politica per tutti. Solo chi riesce ad avere coalizioni stabili, come la Germania ed in fondo anche la Gran Bretagna, riesce a governare in un clima di stabilità, tutti gli altri devono convivere con la precarietà e chi ne paga le conseguenze, come sempre, siamo noi cittadini.

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