Se a Washington sedesse un Presidente degli Stati Uniti normale – non dico Abraham Lincoln, dico: normale – oggi non staremo a questo punto. E non avremmo un signorotto arrogantello che fa il bello e il cattivo tempo sullo scacchiere internazionale, giocando con la Crimea come fosse una sessione pomeridiano di Risiko a casa della zia. Invece ce lo becchiamo tutto e stiamo zitti, perché la comunità internazionale, gli intellettuali, la destra e la sinistra mondiale hanno passato gli ultimi sei anni della loro esistenza non particolarmente significativa ad osannare il messia venuto da Chicago.
E siccome non osannavano a caso, dovrebbero essere felici anche dei risultati che sta ottenendo. Perché George W. Bush era cattivo. E certamente con i suoi modi ha tanto indispettito il compagno Putin quando ha scelto, assieme a pochi ma buoni alleati, di liberare l’Iraq e l’Afghanistan dalla tirannia. E figurarsi quelli che volevano venire dopo di lui senza rinnegarlo su questo tema. Quante risate si è fatta la rive gauche sentendo Sarah Palin affermare che Putin rappresentava in prospettiva un serio pericolo anche per l’Ucraina (in quei giorni, è bene ricordarlo, il nostro maramaldeggiava in Georgia). E quanta supponenza ha dimostrato Barack Obama nel liquidare le preoccupazioni circa il ruolo della Russia mosse da Mitt Romney? Vogliamo tacere, poi, del fatto che tutti – sottolineo: tutti – siano passati amabilmente sopra al fuori onda con cui Obama prometteva a Medvedev maggior flessibilità dopo la rielezione?
Non serve dire nulla, per carità di patria, di tutti quegli esponenti della presunta destra italiana che hanno fatto un tifo spudorato per Barack Obama e che si sono affezionati a tal punto a Vladimir Putin da scordarsi del fatto non residuale che stiamo comunque parlando di un signore che ritiene un modello di sviluppo sociopolitico l’Unione Sovietica di cui ha guidato i servizi segreti, non proprio la bocciofila sotto casa.
Oggi che i venti di guerra spirano ancora, servirebbe una guida capace di combatterla questa guerra e di evitarla, semmai, con la forza della determinazione e non dell’arrendevolezza. Alla Casa Bianca c’è un Nobel per la Pace, e vi siete abbondantemente spellati le mani per sottolinearlo. Quando c’è stato un Nobel per la Libertà siete scesi in piazza praticamente ogni primo venerdì del mese a manifestare. Adesso invece ve ne state comodamente a casa a cercare un buon motivo per chiamare “pace” il deserto di diritti che si creerà grazie alla vostra indifferenza.
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