I Democratici lottano
ancora contro Bush
di Stefano Magni
05 aprile 2014ESTERI
C’è una richiesta di declassificazione, che parte dal Senato degli Stati Uniti, diretta alla Cia, l’agenzia di intelligence statunitense. Riguarda i metodi di interrogatorio brutale della Cia ai tempi dell’amministrazione George W. Bush. Perché c’è il sospetto che il servizio segreto americano non abbia rivelato proprio tutto, su un argomento scabroso a cui hanno già dedicato numerosi film, dal più paradossale “Unthinkable” al ben più realistico “Zero Dark Thirty”.
La Cia risponde per ora in modo molto evasivo, affermando che occorrerà ancora un po’ di tempo prima di declassificare tutto il materiale richiesto. C’è a disposizione solo parte di documentazione trapelata alla stampa, da cui si evincerebbe che la Cia abbia mentito al presidente George W. Bush sui metodi utilizzati per estorcere informazioni dai presunti terroristi di Al Qaeda. Ma la Cia contesta la veridicità di quelle indiscrezioni, indicando numerosi errori.
Il Comitato guidato da Dianne Feinstein, senatrice democratica della California, ha votato a maggioranza per la richiesta di declassificazione, ma non si è trattato di una scelta unanime, né facile. Il Comitato, infatti, si è diviso su linee partitiche, con i Repubblicani tuttora convinti che si tratti di una “perdita di tempo”, così come l’ha definita il senatore conservatore Saxby Chambliss. La Feinstein, invece, ne fa una questione di principio, affermando che “Il rapporto (quello basato sulle informazioni finora trapelate, ndr) espone una brutalità che contrasta nettamente con i nostri valori nazionali. Narra di un orrore della nostra storia che non si dovrebbe ripetere mai più. Questo non è il comportamento degli americani”. La Feinstein dichiara che il rapporto abbia fatto luce su “problemi di primaria importanza” nella conduzione delle operazioni della Cia, con le sue prigioni segrete e il suo programma di interrogatori. “Ciò evidenzia l’importanza del controllo di agenzie di intelligence in una nazione democratica”, ha concluso la Feinstein.
Ma ne vale veramente la pena? O è solo, veramente, una gran perdita di tempo? Il biennio 2012-2013 è stato l’anno degli scandali dell’intelligence statunitense. Un ambasciatore ucciso in Libia. I giornalisti intercettati perché era in corso una caccia a una “talpa” nei media. La rivelazione del defezionista Edward Snowden sulla pesca a strascico dei dati di utenti di tutto il mondo, potenzialmente intercettati sia sul telefono che su internet. E c’è ancora un mondo di cose da scoprire su come vengono condotte le operazioni con i droni contro le cellule di Al Qaeda su tutti i fronti della guerra al terrorismo.
Il Comitato del Senato per l’Intelligence, insomma, avrebbe molte cose su cui lavorare e su cui chiedere dettagli al Governo Federale. Da ultimo: come ha fatto la Cia a non scoprire neppure i preparativi russi per il colpo di mano in Crimea? Eppure l’ultima inchiesta del Comitato della californiana Dianne Feinstein chiede di declassificare un pezzo di storia recente statunitense. Indagare sulle attività dell’intelligence va benissimo. Indagare sulla sua storia, però, è un lavoro da storici e archivisti. La politica, per ora, ha ben altre cose a cui pensare.
Il sospetto è che i Democratici stiano combattendo sempre la loro stessa battaglia contro George W. Bush, fuori tempo massimo, a cinque anni e tre mesi dalla fine del suo ultimo mandato. La lotta al terrorismo è stato un trauma per l’America progressista pari o superiore allo stesso shock dell’11 settembre. E quel passato non vuole passare. Dunque si continua a girare il coltello nella piaga degli interrogatori “intensificati”, una tecnica discutibile che tuttavia non ha mai causato la morte degli interrogati e ha, in compenso, portato al ritrovamento di quasi tutti i vertici di Al Qaeda, compreso il corriere di Osama Bin Laden (e dunque, indirettamente, anche all’uccisione di Bin Laden stesso).
Oggi i terroristi li si ammazza direttamente, con i droni, all’estero, sicuramente senza passare da alcun processo, provocando anche centinaia di vittime collaterali fra i civili. Ma vogliamo ancora parlare di Guantanamo, delle prigioni segrete e del waterboarding?
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