Captain America Against the Dark Ghosts of the US

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Captain America contro i fantasmi oscuri degli States

— Giona A. Nazzaro, 27.3.2014

Al cinema. Secondo capitolo per l’eroe Marvel con i muscoli di Chris Evans. Ma il film ha un sottotesto politico sullo stato della democrazia Usa

Cap­tain Ame­rica fa la sua entrata in scena nel mondo dei fumetti nel dicem­bre del 1940 sca­ri­cando un pugno mici­diale sulla mascella di Adolf Hitler. La casa edi­trice era la Timely che solo in seguito diven­terà la Mar­vel che tutti cono­scono. Il per­so­nag­gio, creato da Joe Simon e Jack Kirby, entrambi ebrei, era la rea­zione visce­rale e visio­na­ria alla deva­sta­zione pro­vo­cata in Europa dalla Ger­ma­nia nazi­sta. Salu­tato da uno straor­di­na­rio, suc­cesso di pub­blico, la Sen­ti­nella della libertà entra a far parte dell’universo super-eroistico della Mar­vel solo nel marzo del 1964, nell’albo numero 4 de I Vendicatori.

Il gap sto­rico e poli­tico che separa il declino del per­so­nag­gio per porlo alla guida degli Aven­gers è risolto con un espe­diente nar­ra­tivo: il corpo del Capi­tano, finito in iber­na­zione fra i ghiacci, si ritrova a vivere in un mondo che non è il suo iniet­tan­dovi però la sua instan­ca­bile carica di idea­li­smo roo­se­vel­tiano. Da sem­pre cro­ce­via delle ten­sioni poli­ti­che inter­cet­tate dalla Mar­vel, Capi­tan Ame­rica (stando alla dici­tura della sto­rica Edi­to­riale Corno di Luciano Sec­chi) rap­pre­senta il per­so­nag­gio che meglio ha incar­nato e vis­suto le con­trad­di­zioni e le spe­ranze degli anni Ses­santa (assieme a L’uomo ragno) sino a rinun­ciare addi­rit­tura al suo costume a stelle e stri­sce diven­tando… Nomad. Ine­vi­ta­bile che i migliori sce­neg­gia­tori della Mar­vel abbia subito l’influenza del fascino del per­so­nag­gio. Uomo fuori dal tempo, con­dan­nato a un’eterna gio­vi­nezza, legato al suo paese da un amore sovente tra­dito e per que­sto trat­tato spesso da anti-americano, la com­ples­sità di Cap­tain Ame­rica e pari solo a quella di Superman.

Intrec­ciando dun­que la linea tem­po­rale Ulti­mate (più hard­boi­led) così come l’aveva ori­gi­na­ria­mente con­ce­pita lo scrit­tore Mark Mil­lar con la tra­di­zio­nale con­ti­nuity mar­vel­liana, ossia il flusso tem­po­rale nella quale vivono e inte­ra­gi­scono tutti i supe­re­roi della Casa delle idee, l’universo cine­ma­to­gra­fico della Mar­vel si offre di fatto come la terza via delle nar­ra­zioni Mar­vel. Uni­verso nar­ra­to­lo­gico com­po­sito, eppure facil­mente frui­bile anche da quanti sono a digiuno degli intri­ghi e dei para­dossi tem­po­rali esco­gi­tati nel corso dei decenni da Stan Lee e dai suoi disce­poli e discen­denti, il secondo capi­tolo delle avven­ture cine­ma­to­gra­fi­che di Cap­tain Ame­rica prende l’abbrivio da una saga scritta da Ed Bru­ba­ker — sce­neg­gia­tore fra i più talen­tuosi degli ultimi decenni insieme a Brian M. Ben­dis, Kie­ron Gil­len, Jona­than Hick­man — che vede al cen­tro dell’azione un miste­rioso super­cri­mi­nale dotato di un brac­cio d’acciaio. I let­tori dei fumetti ovvia­mente già sanno chi si cela die­tro la maschera dell’agilissimo e taci­turno mer­ce­na­rio ma ciò non priva il film del suo forte fat­tore di diver­ti­mento il cui sot­to­te­sto, però, cela non pochi spunti d’interesse.

Cap­tain Ame­rica, infatti, alle prese con l’ossessione secu­ri­ta­ria incar­nata da Nick Fury, che crede fer­ma­mente all’aggressione pre­ven­tiva per tute­lare il cosid­detto mondo libero, gli oppone un idea­li­smo liber­ta­rio di matrice frank­ca­priana. Nel rove­scia­mento che vede lo Shield infil­trato dall’Hydra si ritro­vano non solo le teo­rie cospi­ra­zio­ni­ste riguar­danti il 9/11 ma anche la pre­oc­cu­pa­zione for­tis­sima per lo stato di salute della demo­cra­zia sta­tu­ni­tense. Siamo, insomma, ancora in pieno ter­ri­to­rio… post-Watergate. La dimo­stra­zione, sem­pli­ci­stica ma effi­cace, di quanto Gior­gio Agam­ben afferma nel suo scritto Osses­sione secu­ri­ta­ria e demo­cra­zia: «È solo dopo che un cri­mine è stato com­piuto che lo Stato può intervenire».

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