Un popolo di bambini
—Nefeli Misuraca, 14.4.2014
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Il potere e la sua forza sugli esseri umani è forse stato meglio esemplificato dalla famosa frase di Kant sull’illuminismo, che lo definiva come “l’uscita dell’uomo dallo stato di minorità mentale”, aggiungendo poi “che egli deve imputare a se stesso”, una parte, questa, della citazione che ci interessa meno in questa breve analisi di cosa sia il potere oggi e di come questo venga ritratto e promosso dalla televisione statunitense. L’essere in uno stato di minorità mentale è un’ottima descrizione dell’infanzia, quella parentesi spesso frustrante che si colora di accenti positivi con il crescere dell’età. I bambini si lamentano spesso di essere costretti a vivere secondo regole che non decidono loro e in base a orari e seguendo comportamenti che non approvano e non capiscono. Mentre gli adulti, infatti, piangono normalmente per tristezza, i bambini lo fanno per frustrazione, e a volte per vera e propria rabbia. Eppure, se a un bambino viene sottratto uno o entrambi i genitori, su cui riversa di norma la sua frustrazione, si allarma e si sente perduto e spesso riporta dei traumi che difficilmente riuscirà a superare da adulto. E questo perché lo stato di minorità mentale in cui viene costretto a vivere porta con sé anche la percezione di essere veramente in uno stato di minorità, di essere inermi e di avere dunque bisogno di protezione. È questa la magia del potere: ripeterti che sei debole così tante volte che finisci per crederlo. Uno dei più noti e diffusi sistemi attraverso cui il potere si conserva è la manipolazione delle informazioni, spesso giustificate dal bisogno di “proteggere” il pubblico e quindi, di fatto, giustificate da una cosciente politica di mantenere il pubblico nella condizione di non-adulto. L’adulto, in questo sistema di potere, è il potere stesso e i suoi rappresentanti, e più questi ci proteggono, più ci sentiamo frustrati ma non indipendenti, al contrario insicuri e bisognosi di protezione.
A differenza di ogni altra nazione al mondo, l’America mostra in chiaro e in prima serata a tutta la nazione i retroscena del potere. Dall’uscita nel 1999 del capolavoro di Aaron Sorkin West Wing, una serie di fiction hanno cominciato a ritrarre la vita all’interno della Casa Bianca e del Presidente che la abita, costantemente definito come “l’uomo più potente del mondo”, “il comandante della più grande nazione del mondo”, “il comandante del mondo libero”. Come se queste fossero verità acquisite e indiscutibili. Definendolo, insomma, l’uomo più potente del mondo.
Sebbene molto diverse per qualità e caratteristiche, le serie West Wing, House of Cards e Scandal condividono un tratto fondamentale: una costante lotta perché alcune informazioni non arrivino mai al pubblico. Per il suo bene. E condividono tutte anche un altro tratto: in ognuna di queste serie non è in realtà il Presidente degli Stati Uniti a prendere le decisioni ma una serie di persone che gli stanno intorno le quali, spessissimo, lo tengono all’oscuro di come veramente stiano le cose e rivelando dunque implicitamente che il più bambino tra i bambini è proprio lui: il Presidente. In un episodio di Scandal, soap opera uscita dalle abili mani di Shonda Rhimes (autrice della cripto-soap opera più vista del pianeta, Grey’s Anatomy), il capo di gabinetto dice al Presidente che non è lui a prendere le decisioni e a comandare: il Presidente deve solo apparire in televisione, mantenere una famiglia stabile e apparentemente felice e risultare credibile. È molto sensato, del resto, usare un bambino per parlare ad altri bambini perché l’esperienza insegna che questi tendono a seguire più volentieri i comandi dei loro pari rispetto a quelli degli adulti.
La descrizione orrorifica del potere raccontata dall’eccellente House of Cards non fa che rinforzare questa immagine del potere: una serie di macchinazioni dietro le quinte e completamente all’oscuro del pubblico che porta a importanti decisioni e addirittura alla scelta delle cariche istituzionali che dovrebbero invece dipendere solo dal voto degli elettori.
Resta da farsi una domanda: com’è possibile che un pubblico a cui viene mostrato questo volto del potere non si ribelli di fronte alla realtà di essere trattato come un bambino? Semplice: queste serie servono, in fondo, a rinforzare nel pubblico la nozione di essere inerme, indifeso e che quindi non deve — e non può — fare a meno del Potere.
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