Guerra all’Isis: Obama cerca di coinvolgere turchi e sauditi
Il presidente prende parte alla riunione dei capi militari dei 20 paesi della coalizione
• Michele Zurleni
14 ottobre 2014
Il vertice che si tiene nella base militare dell’Air Force di Andrews, poco fuori Washington, è importante per una ragione: Barack Obama cercherà di coinvolgere nella guerra contro l’Isis la Turchia e l’Arabia Saudita, i due recalcitranti alleati che sulla carta combattono gli islamisti, ma che in realtà hanno deciso di mantere un basso profilo nel conflitto contro l’esercito islamico.
Dalla riunione, presieduta dal capo di stato maggiore delle forze armate americane, il generale Martin Dempsey, alla quale parteciperanno i capi militari dei 20 paesi della coalizione, non dovrebbero uscire importanti decisioni politiche, a parte quelle che potrebbero riguardare Ankara e Riad.
Turchia e Arabia Saudita i paesi chiave
Obama ha bisogno dell’impegno di questi due paesi per vincere la guerra. Ma per motivi diversi, Turchia e Arabia Saudita sono ben lontani dal dare l’apporto che Washington si attenderebbe da loro. Ankara perchè non vuole rafforzare la spinte indipendentiste curde, avversari dell’Isis; Riad perché non guarda con dispiacere a un rafforzamento dei sunniti nella striscia di territorio tra Siria e Iraq storicamente in mano agli sciiti.
Obama chiederà ai capi militari dei due paesi di dare segnali di disponibilità rispetto alle esigenze della coalizione internazionale e di addestrare le formazioni armate degli oppositori moderati siriani. Sarebbe un primo spasso in avanti verso un coinvolgimento maggiore. Come si sa, la Casa Bianca vorrebbe un intervento di terra da parte della Turchia per sconfiggere l’Isis nel nord della Siria, ma Ankara non vuole farlo per paura di avvantaggiare i curdi.
Lo scontro sulla base aerea di Incirlik
I rapporti tra Washington e Ankara non sono buoni. La Turchia vorrebbe mantenere un basso profilo, ma gli Usa chiedono di più. Esemplare la polemica sull’utilizzo della base aerea di Incirlik per i raid contro l’Isis. Susan Rice, il Consigliere per la Sicurezza Nazionale di Obama, in una intervista televisiva aveva detto che era stato raggiunto un accordo affinché la base potesse essere utilizzata dagli aerei della coalizione internazionale. Parole subito smentite dal primo ministro turco Ahmet Davutoglu: “Non esiste alcuna intesa in questo senso” – ha fatto sapere il capo del governo di Ankara.
Per Obama quello di Andrews è un importante test. Il Comandante in Capo, il riluttante guerriero, gioca in prima persona di fronte a una platea di militari, ambiente nel quale Obama non si trova a proprio agio. Lo dicono le polemiche non pubbliche, ma conosciute con i suoi generali sull’utilizzo di truppe americane di terra nella guerra contro l’Isis. La Casa Bianca è assolutamente contraria; il capo di stato maggiore Martin Dempsey, invece, continua a insistere nel dire che prima o poi il loro impiego sarà inevitabile.
In gioco c’è la sua credibilità come presidente. A tre settimane dalle elezioni di Medio Termine (che saranno un referendum su di lui) non è una cosa da poco. Anche perché i rivali repubblicani sono all’attacco. “Loro stanno vincendo la guerra e noi la stiamo perdendo” – ha detto John McCain. L’ex candidato alla Casa Bianca ha messo il dito nella piaga. Obama spera nella Turchia e nell’Arabia Saudita per far cambiare le sorti del conflitto. Vedremo se riuscirà a coinvolgere i recalcitranti alleati.
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