Il terremoto di Wall Street
07/10/2014 FRANCESCO GUERRERA
Per raccontare questa storia, ci vorrebbe Euripide, o almeno Shakespeare. È una tragedia all’antica ma successa la settimana scorsa, una storia di hubris, passione e ambizione ambientata non ad Atene o Verona ma tra la California e Wall Street. È, soprattutto, una storia che sta cambiando il volto di uno dei mercati più importanti del mondo.
C’era una volta un re. Si chiamava Bill Gross.
E lo chiamavano «il re delle obbligazioni». Era a capo del fondo d’investimento più grande del mondo, con più di 200 miliardi di dollari sotto il suo diretto controllo e un nome aggressivo, da film di Schwarzenegger: Total Return, «Guadagno Totale».
Tanti anni fa, Gross aveva fondato Pimco, una piccola società che grazie a lui era diventata un gigante della finanza. Dal suo ufficio in Newport Beach, con vista sulle bionde spiagge della California, il Grande Bill e la sua Pimco controllavano più duemila miliardi di dollari per conto di fondi pensione, aziende e piccoli risparmiatori, non solo negli Usa ma in tutto il mondo.
Per decenni, Bill aveva una routine quasi perfetta: si alzava all’alba per fare un paio d’ore di yoga, arrivava in ufficio alle 5,30 del mattino e incominciava a fare soldi, per i suoi investitori e per se stesso. Il carattere di Bill era sempre stato difficile – arrogante, esplosivo, spesso maleducato, ma i risultati eccezionali gli facevano perdonare quasi tutto. Se si esclude Warren Buffett, Bill Gross è l’investitore di più grande successo degli ultimi 40 anni. E anche uno dei più ricchi: la fantastica performance dei suoi fondi ha permesso a Bill di accumulare una fortuna di circa due miliardi di dollari, secondo le stime del periodico Forbes.
Dodici giorni fa la favola si trasforma in incubo. Un comunicato stampa smilzo come il corpo da yoga di Bill annuncia: «William H. Gross, investitore di fama mondiale, è stato assunto da Janus Capital», un fondo rivale molto più piccolo.
Il re delle obbligazioni viene spodestato e defenestrato. Per chi vive di Wall Street, la fine dell’impero di Gross è come l’assassinio di John Fitzgerald Kennedy: ci ricordiamo tutti dove eravamo nel momento esatto in cui abbiamo letto l’annuncio di Janus. Io ero su una linea non troppo profonda della metropolitana di New York, dove il mio cellulare si è riuscito ad aggrappare a un po’ di campo per trasmettermi il fatidico comunicato.
E’ vero che nella finanza, come nello sport, non ci sono più «bandiere». Che in un mondo che è mercenario per definizione, le superstar si vendono spesso al migliore offerente, passando da società a società. Ma Gross era più Franco Baresi che Mario Balotelli: una figura-chiave che era diventato sinonimo con la società per cui lavorava.
«Incredibile, inconcepibile, inimmaginabile» è stato il commento a caldo di un capo di Wall Street che conosce Gross bene. Le cause della decisione-shock di Gross sono ormai note, grazie, devo dire, ai reportage del mio giornale, il Wall Street Journal. Quando siamo andati dietro le quinte di Pimco, abbiamo scoperto una guerra civile tra Gross e gli altri. Bill si pensava intoccabile e si comportava come tale: deridendo i suoi pari, dicendo a tutti di stare zitti perché doveva «pensare», e estraniando colleghi con cui lavorava da anni. «Io sono Secretariat», Bill disse un giorno, paragonandosi a uno dei cavalli da corsa più famosi e vincenti degli Usa. «Come fai a non scommettere su Secretariat?».
Pimco ha smesso di scommettere su Secretariat e le conseguenze sono enormi. Nelle ore dopo il siluramento di Gross, più di 22 miliardi di dollari si sono spostati dai fondi di Pimco, creando un terremoto mai visto nel mondo delle obbligazioni. I prezzi dei buoni del Tesoro americano, il mercato più grande e importante del pianeta, hanno cominciato a rimbalzare come uno yo-yo perché Wall Street non sapeva come interpretare la mossa di Gross.
Investitori rivali si sono messi al telefono, al computer e sugli aerei per tentare di convincere i fondi pensione e i risparmiatori ad abbandonare una nave che aveva perso il suo capitano. Le stime interne di Pimco dicono che centinaia di miliardi di dollari lasceranno il quartier generale di Newport Beach per destinazioni ignote.
Quando le acque si calmeranno, ci troveremo di fronte a un panorama completamente diverso nel mondo della finanza. Ma non a causa di una crisi economica, una guerra o un disastro naturale ma solo perché un signore brillante, geniale ma troppo imprevedibile ha cambiato lavoro.
Le lezioni sono tante, per i mercati, i titani della finanza e noi comuni mortali. Per quest’ultimi, la sorte di Gross prova l’antico adagio che nessuno è indispensabile, nemmeno uno dei più grande investitori di tutti i tempi. I mercati dovranno soffrire un lungo periodo d’incertezza e poi adattarsi a un nuovo regime, in cui una pletora di principi si battono per la corona di nuovo re delle obbligazioni. Come mi ha detto un vecchio collega di Gross: «Niente sarà più lo stesso».
E per le star della finanza, presenti e future, gli ultimi dieci giorni sono un promemoria fondamentale del potere limitato di fama, successo e denaro. Secoli fa, i generali romani che ritornavano trionfanti nella capitale venivano accostati da uno dei servi che gli sussurrava nell’orecchio: «Ricordati che devi morire».
Se ascoltate con attenzione, potrete sentire un simile sussurro echeggiare nelle spiagge assolate di Newport Beach e nelle stanze dei bottoni di Wall Street.
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