The Revolution Revolts Against Itself, and the US and Cuba Shake Hands

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Venti forti agitano il Caribe, e sono forti davvero perché è come se mezzo secolo di storia venisse spazzato via da queste folate che soffiano giù da Washington: a partire da oggi le 90 miglia che separano la punta “imperialista” di Key West, territorio degli Stati Uniti d’America, dalla spiaggia “socialista” del Malecòn, territorio della repubblica di Cuba, si stanno assottigliando che quasi si toccano. Obama, infatti, ha appena annunciato uno smantellamento progressivo dell’embargo che da 50 anni inchioda alle proprie difficoltà l’isola del comunismo tropicale, con un provvedimento che intanto definisce la prossima riapertura dell’ambasciata americana all’Avana, e poche ore prima il governo cubano annunciava la liberazione di un cittadino americano da 5 anni in galera in uno scambio con la liberazione di 3 “spie cubane” detenute in un carcere americano.

La Revoluciòn resta in piedi, Fidel Castro continua a farne il nume tutelare e continua a chiudere le sue lunghe orazioni con lo slogan di sempre: “Scialismo o muerte!”. Resta in piedi ma si è svuotata, perché intanto il fratellino Raùl ha provveduto a portar via, poco alla volta, tutto quanto stava raccolto dentro i panni fiammeggianti della Revoluciòn e a cambiarne natura e identità. La rigida e chiusa economia centralizzata ha cominciato a fare sempre più spazio all’iniziativa privata, e ristoranti, tassisti, barbieri, lavoratori agricoli, aggiustatori di biciclette, guide turistiche, alberghi – è tutto un fiorire di “cuentapropistas” che si fanno i loro affari, prendono dollari dai turisti, costruiscono case, si ingegnano in nuovi mestieri, e fanno libera concorrenza allo Stato. Il modello di riferimento potrebbe essere quello cinese, libertà all’economia e repressione dura alla libertà politica. E’ una vera rivoluzione, che stava cambiando l’isola senza volerne dare l’impressione. Ora l’apertura che arriva da Washington accelera bruscamente il ritmo del cambio, e potrebbe anche metterne in crisi il corso.

Lo vedremo a breve. Intanto, però, teniamo conto del ruolo svolto dalla Chiesa cubana: in questo cambiamento, ha svolto riservatamente il ruolo di interlocutore del potere castrista e di mediatore diplomatico tra l’Avana e Washington. Papa Francesco può esserne contento, e i grandi investitori americani che stavano impazienti al porto di Miami ora saranno ancor più contenti di lui. Grossi affari sono in vista, altro che “Socialismo o muerte!”

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