The Shadow of Iraq Is Problematic for Jeb Bush

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Uguale a mio fratello? No, non lo sono, non posso esserlo. Deve aver pensato questo Jeb Bush dopo che è finito sotto attacco per un commento sulla guerra degli Usa in Iraq. E così ha provato a prendere le distanze dall’ex presidente. Un difficile gioco di equilibri che, se andrà avanti, potrebbe creargli non poche difficoltà, costringendolo a dedicare energie a difendere le scelte del fratello (o a smarcarsi da lui, ma senza esagerare) anziché a spiegare le proprie ricette per l’America.

Tutto è iniziato durante un’intervista a Fox News (guarda il video). “Sì, avrei autorizzato l’invasione del 2003″, ha detto senza esitazioni l’ex governatore della Florida, in procinto di candidarsi (non l’ha ancora fatto ufficialmente) per le primarie repubblicane in vista delle presidenziali del 2016. Subito i democratici sono partiti all’attacco, accusandolo di essere simile al fratello, cioè un “guerrafondaio”.

Ora, dopo aver spiegato che la sua posizione era stata fraintesa, corregge il tiro. Intervenuto ad un evento al municipio di Tempe, in Arizona, Jeb Bush ha tenuto a precisare la sua posizione: “Se avessi saputo quello che so oggi, non sarei andato in Iraq” (guarda il video). Problema risolto? Sarebbe troppo facile cavarsela così. Il tema è spinoso, un vero e proprio terreno minato. Jeb Bush non può mostrarsi troppo schiacciato sulle posizioni del fratello, ma d’altro canto non può nemmeno prenderne troppo le distanze, col rischio di inimicarsi gran parte dell’elettorato di destra. Insomma, deve districarsi nel difficile mestiere dell’equilibrista, sperando che il tema passi presto in secondo piano. Ma l’occasione, per i suoi avversari, era (ed è) troppo ghiotta per lasciarsi scappare l’opportunità di attaccarlo. E non stiamo parlando solo dei Democratici.

Il governatore del New Jersey Chris Christie (dato per potenziale candidato alla nomination repubblicana), per primo aveva marcato le distanze da Jeb Bush: “Credo che il presidente Bush abbia preso la decisione migliore, considerato ciò che la sua comunità di intelligence gli stava dicendo sulle armi di distruzione di massa”, ma “non credo si possa dire che se si fosse saputo che non c’erano il nostro Paese sarebbe dovuto andare in guerra”. Anche i candidati repubblicani alle primarie, Ted Cruz, Rand Paul e Marco Rubio, hanno tenuto a precisare che l’invasione dell’Iraq non l’avrebbero votata se avessero saputo che le informazioni fornite dall’intelligence erano sbagliate.

Intanto Jeb Bush si è trovato costretto a difendersi da un violento attacco verbale scagliato contro di lui da una studentessa universitaria del Nevada: “Suo fratello ha creato l’Isis”, gli ha urlato in faccia Ivy Ziedrich. E poi lo ha incalzato: “Perché dice che l’Isis è stato creato dalla nostra assenza in Medio Oriente quando sono invece le guerre inutili dove mandiamo giovani americani a morire per l’idea dell’eccezionalismo americano?”. Jeb Bush ha replicato: “Non siamo d’accordo, siamo in rispettoso disaccordo. Si può riscrivere la storia quanto si vuole, ma sta di fatto che ci troviamo in una situazione molto più instabile perchè l’America si è ritirata” (guarda il video).

Hillary Clinton giustamente resta in disparte, preferisce evitare di intromettersi nella bagarre repubblicana, guardandosi bene dal toccare l’argomento. Finché litigano i rivali lei ha solo da guadagnarci. Anche se, prima o poi, anche all’ex segretario di Stato verrà presentato il conto sulla politica estera.

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