Quentin Tarantino, il sindacato di polizia annuncia il boicottaggio del suo film in uscita
Bene, ora chiarezza e’ fatta. Quentin Tarantino e’ ufficialmente l’ultimo iscritto alla sezione ultrasinistri di Hollywood, e ci arriva con un clamore che fara’ invidia a Michael Moore e a Sean Penn, a Barbra Streisand e a George Cloney, per citare solo alcuni dei membri piu’ esposti mediaticamente del clan. C’e’ modo e modo di essere sinistri, e Quentin ha fatto splash. La sua “performance” di strada non e’ stata una cosa “normalmente liberal”. E la casa di distribuzione, la TWC di Harvey Wenstein, suo amico e superfinanziatore dei Democratici, dopo aver fallito nel tentativo di convincerlo a chiedere scusa per limitare il danno di immagine ed economico, se ne e’ dovuta lavare le mani: “La The Weinstein Co. ha una lunga relazione e amicizia con Quentin e ha un enorme rispetto di lui come regista. Noi non parliamo per Quentin; lui puo’ e deve parlare per se stesso”, ha detto la TWC in un comunicato.
E Tarantino ha parlato. Al comizio del movimento “Stop al terrore della polizia!” di New York di sabato scorso aveva urlato “Quando io vedo degli assassini io non mi tiro da parte. Io devo chiamare omicidio un omicidio e devo chiamare gli omicidi omicidi”. E ieri, nella prima intervista dopo il comizio anti polizia, ha insistito. Parlando con il Los Angeles Time ha inscenato un pietoso piagnisteo e giocato la parte della vittima. “Non mi faccio intimidire. Francamente non fa piacere avere un mucchio di portavoce dei poliziotti che mi chiamano ‘odiatore dei poliziotti’. E’ una presentazione sbagliata. E’ calunnioso. Non e’ come io mi sento”, ha detto il regista. “Ma e’ una loro scelta, che ci posso fare? Non ritiro indietro cio’ che ho detto. Quello che ho detto e’ la verita’, sono abituato ad essere maldescritto. Quello che mi piace pensare e’ che questi attacchi sono cosi’ vili che rivelano chi li fa”.
Il problema del regista di “Pulp Fiction” e’ che il filmato del suo attacco durissimo alle forze dell’ordine e’ stato visto e sentito da tutta America. E da tutti i poliziotti. E da tutti i familiari dei poliziotti. E da tutta la gente che apprezza il lavoro fondamentale che fanno gli agenti in blu per difendere la societa’ dai poco di buono. Tipi senza nome e senza il conto in banca dei Quentin, tipi che rischiano la morte vera con il sangue vero, non la finzione delle stragi alla polpa di pomodoro dei suoi film dell’orrore. Tipi che si sono inviperiti, a ragione, e prima gliene hanno dette, e ora studiano la risposta. Bill Bratton, il commissario capo delle NYPD, aveva reagito subito: “Non trovo le parole per esprimere il mio disprezzo per cio’ che ha detto Tarantino” . Poi il sindacato di polizia di New York aveva lanciato l’idea del boicottaggio, che a macchia d’olio e’ stata sottoscritta da Los Angeles al New Jersey, da Chicago a Filadelfia. Anche i 15000 agenti federali che controllano i confini si sono uniti nella condanna, e nell’appoggio alla risposta al botteghino. Ieri James Pasco, direttore del Fraternal Order of Police, ha detto che “sta preparando una sorpresa. Quello che faremo in dicembre dipende largamente da cio’ che Tarantino fara’ da qui alla premiere del suo prossimo film. Prenderemo ogni opportunita’ di colpirlo nella sola area che pare conti per lui, quella economica”.
Il regista era volato apposta da Hollywood per la manifestazione (finita con vari arresti per corteo non autorizzato), e il suo intervento pubblico era stato vissuto subito come un affronto insopportabile per la citta’, che stava ancora piangendo per l’agente della NYPD (un nero) ucciso in servizio da un nero di una gang criminale, uno spacciatore che era in liberta’ per “riabilitarsi” dopo una carriera di 28 arresti.
Il capo del sindacato degli agenti, aveva subito annunciato il boicottaggio del prossimo film del regista, “The Hateful Eight”, in uscita prevista per il giorno di Natale. E’ la prima volta che si assiste ad una iniziativa del genere, e si vedra’ come reagira’ il pubblico. Che esista un diffuso sentimento di simpatia per la polizia, dopo Ferguson e le violenze delle Pantere Nere e del movimento “Black Lives Matter”, e’ testimoniato dalle coccarde blu, che sono diventate il simbolo della solidarieta’ popolare agli agenti e che si vedono sempre di piu’ in giro. Vedremo l’effetto sugli incassi del film, anche se sara’ comunque difficile stabilire l’efficacia del boicottaggio. Potrebbe anche essere che il film faccia pena di suo, e lo vedano solo i piu’ appassionati del genere blood & violence. Per me non ci sara’ differenza: non sono mai stato un fan di quel genere di film, e purtroppo non lo potro’ boicottare attivamente, mai sarei andato a vederlo.
Di sicuro, Quentin ha passato il segno: con le sue parole non ha solo sposato l’ideologia razzista a rovescio, ha ferito con l’accusa piu’ grave un’intera categoria di persone di tutte le
razze, dedite a fare il loro lavoro con sacrificio.
Contro gli altri personaggi di sinistra nel mondo di Hollywood nessuno aveva mai pensato di promuovere boicottaggi o censure organizzate. E’ sempre bastato ‘votare con i piedi’, ossia non andare a vedere i film che non piacciono, qualunque sia la ragione.
Michael Moore e’ diventato celebre per i contenuti dei suoi “documentari” tra virgolette, adattati alla sua agenda liberal con un trascurabilissimo rispetto dei fatti (vedi il film contro i Bush). Sean Penn e’ nella galleria degli “utili idioti” dei dittatori comunisti di Cuba e dei socialisti venezuelani Chavez e Maduro, che strangolando la democrazia hanno ridotto alla miseria un paese facoltoso che galleggia sul petrolio. Barbra fa la regina della raccolta di fondi nelle ville di Hollywood. George e’ mezzo e mezzo, come Robert Redford: i due sostengono le campagne politiche dei DEM con i miliardi dei loro film commerciali di successo, ma ogni tanto sentono il richiamo della foresta (rossa) e producono film “storici” cercando di resuscitare eroi della sinistra che rischiano l’oblio. Tipo “Good Night, and Good Luck”, dedicato nel 2005 da Clooney al giornalista TV Edward Murrow, acerrimo avversario dell’anticomunista senatore Joseph McCarthy. O l’appena uscito “Truth”, di Redford (e Mary Mapes), che tenta l’impossibile riabilitazione di Dan Rather, il “monumento” della CBS tv che puntava alla gloria eterna per aver fatto perdere le elezioni bis a George Bush, e invece perse lui il posto di anchorman per aver presentato documenti falsi sul servizio militare del candidato del GOP.
Tutte queste star, e tante altre, hanno insomma sempre giocato la loro partita da “normali” agit-prop, classici miliardari del mondo dello spettacolo che in assoluta legittimita’ si schierano politicamente con chi vogliono, protetti dal diritto di pensiero e di parola che vige nel capitalismo che disprezzano a parole. Molta gente e’ d’accordo con loro, molta altra gente la pensa diversamente: e’ tutto sale della democrazia americana. Chissenefrega se amano i Castro, o se si battono per “alzare lo stipendio minimo” da McDonalds, dove non ci vanno mai. Chissenefrega anche se, quando c’e’ un presidente repubblicano, sono “contro l’imperialismo USA”, o se quando invece c’e’ Obama non dicono nulla sull’ISIS, o sui fallimenti della Casa Bianca in Siria e Libia, o sui soldati rispediti in Iraq e in Afghanistan. Chissenefrega, che pensino, e dicano, tutto quello che vogliono. Quentin, invece, ha sparato l’accusa piu’ grave e offensiva – “assassini”-, e la delusione piu’ forte, sul piano umano, e’ vedere che non se ne accorge neppure, avvolto nella sua nuvola di odio ideologico per il sistema che lo ha reso miliardario e famoso, e per chi lo difende.
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