Russia, Europe and the US: The Path toward a Renewable Cooperation

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Russia, Europa e Stati Uniti: le linee per una cooperazione rinnovabile

I rapporti tra i principali interlocuti internazionali, almeno sulla questione mediorientale – e siriana in particolare -, sembrano orientati verso un disequilibrio che porta con sé molti rischi. Russia, Nato e Ue hanno bisogno di instaurare un dialogo che rischia di essere sempre più difficile dopo il recente abbattimento del caccia russo bombardiere russo. Sembrano sommarsi sempre più elementi di frizione che minacciano l’ordine post-guerra fredda, anche se non sussistono nette incompatibilità ideologiche, ed è per questo che occorre che tutti gli attori coinvolti prestino la massima attenzione nell’ottica di una svolta essenziale: dal confronto alla cooperazione.

L’abbattimento di un caccia bombardiere russo, un’ipotesi paventata sin dall’inizio delle operazioni russe in Siria, è indicativa del livello di insicurezza militare in cui sta precipitando l’Europa e l’area del Mediterraneo allargato. A soffrirne è anzitutto il settore aereo; basti pensare al precedente abbattimento del velivolo civile russo sul Sinai e di quello della Malaysia Airlines nei cieli dell’Ucraina orientale. Sono inoltre sempre più frequenti gli episodi di scontri mancati tra velivoli militari russi e quelli civili e militari appartenenti a paesi della Nato. Il European Leadership Network (ELN) – un organismo non governativo e apartitico con base a Londra e che conta, tra gli eminenti aderenti, anche vari italiani – ha da mesi portato all’attenzione internazionale i rischi collegati con tale situazione. L’ELN mantiene aggiornata la lista gli “incontri ravvicinati” e potenziali incidenti tra forze aeree russe e della Nato. Negli ultimi 18 mesi esso ha rilevato 60 episodi di tale genere assieme a sconfinamenti, finti lanci missilistici ed interferenze con esercizi e manovre militari. Tali episodi si verificano prevalentemente nell’area nordica e nelle regioni artiche divenute di crescente rilevanza strategica e dove anche la Nato ha intensificato la proprie esercitazioni. Nel febbraio scorso esponenti dell’ELN hanno portato all’attenzione del Ministro degli esteri russo Lavrov i grandi rischi di tale situazione. Quest’ultimo ha indicato che la sede appropriata per affrontare tali questioni dovrebbe essere Consiglio Nato /Russia la cui cooperazione pratica è stata peraltro sospesa. Altri esponenti russi osservano, senza negare gli episodi, che anche le forze aeree della Nato si comporterebbero in maniera analoga. La Russia si è fatta più aggressiva anche sul piano declaratorio. Altri esponenti dell’amministrazione russa, ambasciatori e generali, hanno evocato pubblicamente l’ipotesi di un possibile ricorso all’arma nucleare. Ancora più preoccupante è che sia stato lo stesso presidente Putin ad indicare di aver preso in considerazione tale opzione in occasione della crisi nella Crimea. Nessun responsabile o leader occidentale risulta aver fatto analoghe dichiarazioni.

Il nuovo ordine internazionale stabilito all’indomani del crollo del muro di Berlino, che aveva condotto a decenni di cooperazione con la Russia, ha cessato di funzionare. Le sue espressioni più significative: la partecipazione russa al G8, la cooperazione Russia/Nato nello “spirito del vertice di Pratica di Mare”, la partnership tra l’Unione Europea Russia si sono arenate. Dal 2007 Mosca non applica più il trattato CFE (Conventional Forces in Europe) che assicurava un equilibrio militare in Europa. In base a tale Trattato migliaia di carri armati e blindati oltre che velivoli e artiglieria pesante vennero eliminati sotto lo sguardo vigile degli ispettori di ciascuna parte. Mosca ha disatteso a quello che è stato, anche durante la guerra fredda, il cardine dell’ordine europeo del dopoguerra e cioè il divieto di modificare le frontiere attraverso l’uso della forza. Il memorandum di Budapest del 1994 che sanciva l’integrità territoriale dell’Ucraina in cambio della rinuncia di quest’ultima alle armi nucleari è stato disatteso. Gli americani ritengono che Mosca stia anche disapplicando il Trattato INF che proibisce ai soli russi ed americani di possedere missili nucleari a raggio intermedio.

Non poche sono anche le doleances russe. Mosca, che ha subìto lo smantellamento del Patto di Varsavia ed il passaggio alla Nato di gran parte dei suoi paesi membri, lamenta la presenza di forze Nato in tali territori nonostante la tacita intesa che ciò non sarebbe avvenuto. Essa sottolinea la natura destabilizzante del programma di difesa antimissilistica sviluppato dagli americani dopo la denuncia nel 2002 da parte di Washington del Trattato ABM. Esso stabiliva una vulnerabilità reciproca attraverso la limitazione delle difese antibalistiche delle due parti. Ormai anche Mosca si è incamminata sulla strada antimissilistica ma non è ancora in grado di competere con gli americani in tale settore. Essa sostiene oggi il concetto, tutto da verificare, di una sua inferiorità nel campo delle forze convenzionali che la costringe a fare maggiore affidamento sull’arma nucleare. Anche la recente intesa sul nucleare iraniano, nel cui contesto russi e americani hanno cooperato positivamente, rischia di divenire un ulteriore elemento di frizione. Lo stazionamento di sistemi di difesa antimissile USA in Europa, motivato originariamente da una minaccia missilistica nucleare iraniana, perde, agli occhi di Mosca, la sua giustificazione visto che il rischio di un programma militare iraniano si è ora sostanzialmente ridotto.

Non sussistono più oggi le fondamentali incompatibilità ideologiche che erano all’origine della guerra fredda ma, ciò nonostante, i meccanismi di cooperazione posti in atto già allora per mantenere la sicurezza e la fiducia tra Est e Ovest attraverso l’Organizzazione sulla Sicurezza e Cooperazione in Europa (OSCE), non si rivelano più capaci di prevenire gravi crisi come quelle della Georgia, della Crimea e dell’Ucraina. Di tale situazione si è fatta recentemente interprete l’Alto Rappresentante dell’UE, Federica Mogherini, alla Ministeriale OSCE di Belgrado dove ha avuto un incontro bilaterale con Lavrov.

In questo preoccupante quadro è necessario anzitutto individuare misure concrete ed immediate per evitare che scocchi una spark che possa infiammare l’intero continente. Merita dunque attenzione la proposta dell’ELN di stabilire un Codice di Condotta per scongiurare i rischi incidenti tra unità aeree e navali della Russia e della Nato. Gli americani hanno recentemente concluso una siffatta intesa con la Cina, a maggior ragione essa dovrebbe essere stipulata con la Russia. È da accogliere anche positivamente la recente proposta del Segretario Generale della Nato, Stoltenberg, di rivisitare l’anno prossimo le misure di sicurezza e di fiducia contenute nel documento di Vienna dell’OSCE la cui ultima versione risale al 2011. Il nuovo anno è ormai alle porte con l’avvio di una nuova presidenza tedesca dell’OSCE la quale, in tandem con il Segretario Generale di tale organizzazione, l’italiano Lamberto Zannier, si prefigge il compito primordiale di promuovere “la cooperazione anziché il confronto”. Ciò dovrebbe condurre all’adozione di misure atte a prevenire incidenti militari e ad impedire che i leader di oggi ricadano in un diniego della gravità dei rischi paragonabile al “sonnambulismo” dei dirigenti europei alla vigilia della prima guerra mondiale.

Carlo Trezza, Presidente uscente del Missile Technology Control Regime, è stato Rappresentante Permanente d’Italia per il Disarmo e la Non Proliferazione a Ginevra.

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