Hacker e elezioni Usa: perché Obama rende noti i suoi piani contro Mosca?
L’analisi / Finora le denunce contro il Cremlino non hanno portato a nulla. Ma ora Washington fa un passo in più. Con due motivazioni
dal nostro corrispondente FEDERICO RAMPINI
NEW YORK – Di solito queste cose si fanno, non si dicono. Putin insegna: lui i cyber-attacchi non li rivendica neppure ex post. Perché Obama (tramite il vice Joe Biden che ne ha parlato alla Nbc) vuol fare sapere che l’America reagirà alle incursioni degli hacker russi? Le spiegazioni sono due, una di strategia estera e l’altra di politica interna.
Sul fronte dei rapporti Usa-Russia, ormai tesi quasi come ai tempi della guerra fredda – soprattutto dopo il fallimento del cessate il fuoco in Siria – Obama si è convinto che gli avvertimenti verbali lasciano Mosca indifferente.
Da tempo il presidente americano denuncia le spregiudicate scorribande degli hacker russi e mette in guardia l’avversario sul fatto che l’America ha gli strumenti per reagire. Effetto: zero. Gli attacchi continuano, anzi si sono intensificati nel corso della campagna elettorale, con le plateali interferenze a favore di Donald Trump. Gli hacker russi, spesso usando Julian Assange e WikiLeaks come postino finale, prendono di mira solo il partito democratico e Hillary Clinton. Con l’annuncio di una rappresaglia l’Amministrazione Obama vuole segnalare che è stata varcata una soglia inaccettabile.
In politica interna questa mossa serve a mettere (ancor più) in un angolo il “candidato manciuriano” cioè Trump. Più si incattivisce il clima da guerra fredda, più risulta evidente l’anomalia di un repubblicano filo-russo. Si configura un comportamento da traditore, che se l’intende col nemico. La destra americana in passato ha compiuto tante nefandezze, ma intendersela coi russi non faceva parte dei suoi vizi.
Infine, questo conferma il carattere davvero anomalo dell’elezione presidenziale 2016. Mai prima d’ora c’era stato un ciclo elettorale contrassegnato da una simile interferenza straniera. Al confronto impallidisce perfino la vicenda degli ostaggi iraniani in cui l’Iran aiutò Ronald Reagan a farsi eleggere contro Jimmy Carter nel 1980. Questa storia è anche un triste epilogo alla parabola di WikiLeaks. Rispetto alle sue origini e alla sua vocazioni, finire come un docile strumento nelle mani dell’ex capo del Kgb non è proprio esaltante.
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