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21 Ottobre 2016
di Paolo Becchi e Cesare Sacchetti
Trump sconfitto, Clinton vincitrice? Occhio, ricordate la Brexit
La cornice scelta per l’ ultimo dibattito presidenziale è l’ università del Nevada a Las Vegas. Questa volta la formula del dibattito cambia rispetto a quello precedente, il pubblico qui non interagisce con i candidati in studio e si torna verso una versione più soft della discussione molto simile al primo confronto. Il conduttore è Chris Wallace della Fox News, ed è forse il primo conduttore di tutti e tre i dibattiti che si mostra davvero imparziale e non riserva un trattamento diverso ai due candidati. Non è superfluo soffermarsi su questi aspetti perché, fin dai primi momenti di questa campagna elettorale, l’ opinione pubblica italiana non ha avuto la possibilità di farsi un’ idea sul profilo dei due candidati, dal momento che giornali e televisioni non sono diventati altro che una massiccia macchina di propaganda al servizio della Clinton. Anche all’ indomani del confronto, sui giornali italiani, è possibile leggere il presunto trionfo di Hillary al terzo dibattito e il «suicidio» di Donald. Non si sa in questa campagna elettorale quante volte si sia suicidato Trump per i media, o quante volte abbia trionfato Hillary, ma un fatto appare chiaro: comunque vada, vince sempre lei.
Aborto – Il confronto parte in sordina, con i temi della corte suprema e dell’ aborto tra le prime domande, e le prime scaramucce tra i candidati si vedono sulla differente visione dell’ interruzione di gravidanza: per Trump è fondamentale difendere la vita e va impedita «l’ interruzione di gravidanza anche al nono mese», mentre Hillary difende il diritto di scelta autonoma delle donne. Sull’ immigrazione iniziano a scaldarsi gli animi e the Donald ha buon gioco a sfruttare uno dei suoi cavalli di battaglia, aiutato in questo anche dalla domanda di Chris Wallace alla Clinton, favorevole a un’ America senza confini come hanno rivelato le email di Wikileaks. Hillary si difende ricordando il fatto che in quelle email il tema dei confini «era riferito all’ energia», e subito dopo passa abilmente ad associare Wikileaks al presunto hackeraggio della Russia, così da far sembrare Trump «un burattino» nella mani di un Paese colpevole di ingerenze illecite nella campagna elettorale americana.
Lo aveva fatto anche nel primo e nel secondo dibattito, ma non si sa quanto questa strategia sia efficace dal momento che Putin attualmente risulta essere uno degli uomini più popolari negli Usa, come ha rivelato qualche tempo fa la rivista Time. La discussione continua sulla politica estera, e qui emergono di nuovo le due differenti visioni dei candidati sul ruolo degli Usa nel mondo: mentre la Clinton ripete che gli «Stati Uniti non devono ritirarsi dai teatri di guerra», Trump ribadisce la necessità di un disimpegno militare di Washington a partire dalla presenza della basi militari in Arabia Saudita e in Giappone. Isolazionismo e spirito di crociata, questa «coincidentia oppositorum» ha da sempre caratterizzato lo spirito americano. Ora questo spirito è lacerato, diviso. Se da un lato Trump incarna lo spirito isolazionista, dall’ altro Clinton rappresenta lo spirito di crociata.
Arriva poi la domanda sulla regolarità delle elezioni rivolta a Trump, il quale più volte nel corso di questa campagna elettorale ha paventato il rischio di «brogli». Trump afferma di non essere sicuro di poter riconoscere la regolarità delle elezioni, fino a quando queste non avranno avuto luogo. Ed è questo che fa parlare al Corriere della Sera di «autogol» del candidato repubblicano in quanto sarebbe un «disastro mettere in discussione la legittimità del processo elettorale». Donald avrebbe così «spaventato i conservatori moderati e gli elettori indipendenti». Anche ammettendo che Trump abbia torto e non ci saranno brogli l’ 8 novembre, appare difficile certificare la regolarità di un’ elezione che ancora non ha avuto luogo.
Al Gore – E non mancano i precedenti in questo senso negli Usa proprio nel 2000 quando Bush vinse una contestatissima elezione su Al Gore grazie all’ intervento di una controversa sentenza della Corte Suprema. Per il Corriere, Trump ha commesso un errore mettendo «in discussione la credibilità e la legittima della democrazia americana». Nel 2000 fu il partito democratico americano a metterla in discussione e a nessuno saltò in mente di accusare i dem di irresponsabilità. Non si comprende poi perché i moderati come afferma Charles Krauthammer dovrebbero essere spaventati da questa affermazione, quando è stato lo stesso Rudolph Giuliani, esponente storico dei repubblicani ed eletto a New York con i voti dei moderati in questione, a paventare il rischio di brogli elettorali. Per qualcuno la Clinton ha già vinto l’ 8 novembre, mentre la partita pare tutt’ altro che chiusa, e in questo è utile ricordare il precedente della Brexit: in quell’ occasione tutti i giornaloni italiani erano ampiamente sicuri che avrebbe vinto il «remain». Ci ricordiamo tutti com’ è finita.
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