The Trump Effect: the Boom of Migrants from Mexico to the US

<--

Effetto Trump: è boom di migranti dal Messico verso gli Usa

Negli ultimi sei mesi sono 240mila i centroamericani trattenuti dalla polizia di frontiera prima di fare le pratiche per ottenere asilo, il 30 per cento in più rispetto al periodo precedente

DA due mesi ogni giorno nella cittadina di Mc Allen, alla frontiera fra Messico e Stati Uniti, arrivano almeno 400 nuovi migranti che si consegnano alle pattuglie di frontiera nella speranza di ottenere asilo. La maggior parte dei centroamericani arrivano alla frontiera fra lo Stato messicano di Tamaulipas e il Texas, e ricevono la prima assistenza dopo il loro lungo viaggio in un centro di ospitalità cattolico pochi metri oltre la linea di frontiera. Molti hanno già parenti che vivono negli Stati Uniti, molti altri sperano di ottenere i documenti dell’asilo perché fuggono dai Paesi centroamericani più violenti: Honduras, Salvador e Guatemala. Ma la maggior parte hanno poche speranze di restare e verranno deportati nei Paesi da dove provengono.

 

Negli ultimi sei mesi gli agenti della Border Patrol hanno fermato 240mila migranti, il 30 per cento in più rispetto al periodo precedente, ma con un aumento molto significativo dopo l’elezione di Donald Trump, l’8 novembre. Anche se la maggior parte dei migranti fuggono dalla povertà e dalla violenza nei loro Paesi – scrive il Wall Street Journal – il fattore principale che ha provocato l’aumento del flusso negli ultimi mesi è stata l’elezione di Trump. Solo a novembre le persone fermate mentre cercavano di attraversare la frontiera sono state quasi 50mila – il 44 per cento in più rispetto al novembre 2015 -, e più della metà nella zona prossima a Mc Allen. Il nuovo presidente, che s’insedierà alla Casa Bianca il 20 gennaio, ha concentrato la sua campagna elettorale sui temi dell’immigrazione minacciando la deportazione di migliaia di stranieri sans papier, la costruzione di nuovi muri, e promettendo di mettere un freno all’arrivo di altri illegali. Così è diventata una corsa contro il tempo che rischia di trasformarsi in una nuova crisi umanitaria. Le organizzazioni per i diritti umani denunciano che i “coyotes”, si chiamano così quelli che in cambio di denaro organizzano i viaggi dei migranti, dopo l’elezione di Trump hanno convinto molte persone ad accelerare i loro progetti di fuga sostenendo che a partire dalla fine di gennaio sarà tutto ancora più difficile.

 

Insieme ai centroamericani, l’altra migrazione che ha aumentato il numero degli arrivi è quella cubana. Anche in questo caso la motivazione è l’elezione di Trump. I cubani temono che possa essere cancellata la legge che permette soltanto a loro di ottenere molto facilmente l’asilo politico negli Stati Uniti. Dall’inizio del 2016 si calcola che almeno 90mila cubani hanno lasciato illegalmente l’isola per rifugiarsi negli Usa. La via scelta dalla maggior parte di loro è quella del Messico. Arrivano in aereo a Panama, uno dei pochi paesi nei quali possono andare senza visto d’ingresso. E poi risalgono il Centroamerica unendosi alle carovane di migranti che viaggiano verso nord. Quando arrivano alla frontiera sono i più fortunati: gli basta consegnare il loro passaporto cubano per ottenere subito l’avvio delle pratiche burocratiche per l’asilo politico.

About this publication