Usa-Nord Corea, il gioco iniziato da Trump comporta rischi per tutti
L’analisi. I pericoli a cui si espone l’America, ma anche la Cina e la Corea del Sud. E Kim Jong-un è un personaggio ancora più misterioso e imprevedibile del siriano Assad. Forse anche clinicamente folle, a giudicare da molti suoi comportamenti. Inoltre lui ha l’atomica, Assad no
“La Corea del Nord cerca guai. Se la Cina decide di aiutarci sarà ottimo. Altrimenti risolveremo il problema senza di loro”. Dai tweet ai fatti, Trump dà ordine che una squadriglia navale di attacco – inclusa la mega-portaerei Uss Carl Vinson – cambi rotta e invece di andare in missione in Australia si diriga verso la penisola coreana. E’ una dimostrazione di forza, ma non nuova: Barack Obama prima di lui fece due volte lo stesso gesto, inviando navi da guerra vicino alle coste coreane, senza risultato. Trump chiede anche ai suoi consiglieri militari di presentargli “un ventaglio di opzioni per contenere la Corea del Nord”.
Il regime di Kim Jong-un reagisce con la consueta durezza: “Le mosse irresponsabili dell’America per invaderci hanno raggiunto una fase cruciale. Siamo pronti a reagire in ogni modo alla guerra voluta dagli Stati Uniti. Saranno loro i responsabili per le conseguenze catastrofiche”. Il linguaggio del comunicato è in linea con la cultura bellicosa di un regime che da mezzo secolo sostiene di essere alla vigilia di un’invasione americana, e giustifica ogni sorta di crudeltà contro il proprio popolo in nome di questo stato di mobilitazione permanente. L’allusione a “reagire in ogni modo” è un chiaro riferimento al possibile uso di ordigni nucleari, di cui Pyongyang già dispone, avendoli costruiti in spregio alle norme internazionali (di cui la stessa Cina è firmataria e garante). E’ nell’aria la possibilità di un sesto test atomico nordcoreano, e le minacce di Trump potrebbero accelerarlo. Nel frattempo Pyongyang si prepara a imponenti sfilate militari già pianificate in precedenza per celebrare diverse ricorrenze del regime.
Il gioco iniziato da Trump comporta rischi per tutti, anche se è ovvio che la pericolosa instabilità di quell’area non l’ha creata lui, è un problema che si aggrava da molti anni. Né Bill Clinton né George W. Bush né Barack Obama hanno saputo arrestare la marcia verso il nucleare di Pyongyang.
Tra i pericoli a cui si espone l’America: la Corea del Nord non è la Siria, Kim Jong-un è un personaggio ancora più misterioso e imprevedibile di Assad. Forse anche clinicamente folle, a giudicare da molti suoi comportamenti. Inoltre lui ha l’atomica, Assad no, e del resto Kim è stato veloce a commentare il raid dei Tomahawk in Siria: “Questo ci dà ragione nel perseguire il programma nucleare”.
Militari e scienziati di Pyongyang stanno tentando di sviluppare missili intercontinentali capaci di trasportare ogive nucleari fino alla West Coast americana, ma è improbabile che siano vicini al loro traguardo. Tuttavia, anche con capacità missilistiche molto più limitate, possono colpire un bersaglio vicinissimo: la Corea del Sud, densamente popolata, e un alleato degli Stati Uniti. Il costo umano di una rappresaglia nordcoreana potrebbe essere terrificante. Ecco le “conseguenze catastrofiche” evocate nel comunicato di Pyongyang.
Ci sono grossi rischi anche per la Cina, l’altro attore decisivo in questa partita. Qualora partisse un attacco americano su Pyongyang, potrebbe Pechino assistere passivamente all’aggressione contro un suo “vassallo” e vicino? Mao Zedong entrò in guerra a fianco dei nordocreani, e fu solo grazie all’intervento cinese che quel conflitto si concluse nel 1953 con un sostanziale “pareggio” e la divisione in due della penisola.
Per la Cina c’è anche lo spettro di un collasso del regime di Kim – una delle più feroci dittature del mondo – con al termine lo sbocco probabile di una riunificazione coreana sotto egemonia Usa. Un bis della riunificazione tedesca che portò la Nato ai confini della Russia. Sarebbe un disastro per la leadership di Xi Jinping.
L’ipotesi più probabile resta quella di una mossa tattica, audace o spregiudicata, azzardata o irrazionale, a seconda degli sbocchi che avrà. Trump vuole mettere paura ai cinesi perché finalmente riducano alla ragione uno staterello impazzito che dipende da loro: senza gli aiuti di Pechino la Corea del Nord sarebbe già implosa. Solo l’energia fornita dalla Cina tiene ancora le luci accese a Pyongyang.
Trump al bastone alterna la carota, offre ai cinesi “un accordo commerciale molto migliore, se ci risolvono il problema nordcoreano”. Anche il protezionismo finisce sul tavolo di questa trattativa al cardiopalmo. Ed è pur vero che la leadership ha avuto un comportamento molto ambiguo, da sempre, condannando a parole i test nucleari nordcoreani, ma senza azioni coerenti per stopparli.
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