Russiagate, Trump prepara la difesa: testa bassa e colpi di tweet
L’impeachment è remoto, ma lui è sempre più solo. Arriva un legale esterno all’amministrazione. Per evitare intercettazioni
Gli avvocati lo hanno implorato di non reagire in modo sferzante coi suoi soliti tweet. Gli uomini della comunicazione della Casa Bianca continuano a sostenere che la testimonianza di James Comey davanti al Congresso è solo uno dei fatti importanti della giornata politica. Oggi cercheranno di dirottare l’attenzione su altri temi, dal terrorismo e il caso Qatar all’immigrazione, alle elezioni britanniche. Ma, dopo aver letto la sua testimonianza scritta già ieri sera sono in pochi, nel clan del presidente, a illudersi che Trump eviterà davvero di attaccare a testa bassa l’ex capo dell’Fbi da lui licenziato qualche settimana fa. E del resto i modi per demolire la credibilità di James Comey sono da tempo argomento di studio nella «West Wing» presidenziale.
Consapevole che Comey avrebbe comunque detto cose per lui imbarazzanti, Trump si prepara da tempo alla battaglia anche prendendo precauzioni che potrebbero ostacolare le indagini attualmente condotte dal procuratore speciale Mueller: il presidente ha affidato la sua strategia difensiva a Marc Kasowitz, un avvocato che, oltre ad essere un duro molto in sintonia con «The Donald», è anche un esterno rispetto alla Casa Bianca. Le comunicazioni del presidente con lui resteranno, così, fuori dalla portata dell’Fbi che ha invece il potere di acquisire tutte le conversazioni che avvengono tra rami dell’Amministrazione e anche nella Casa Bianca. Questa difesa a due livelli non è facile da gestire, crea contrasti interni, ma alla fine tanto gli avvocati della presidenza quanto quelli esterni premono su Trump perché non trasformi un caso già di per sé grave sul piano istituzionale in una corrida. A demolire la credibilità di Comey ci penseranno loro, giorno dopo giorno, con attacchi mirati, anche se una strategia convincente e ben definita non c’è ancora. Tanto più che Comey ha un pedigree di conservatore moderato, stimato dai leader repubblicani.
Ma un Trump sempre più furibondo e sempre più videodipendente, che passa ogni giorno ore a vedere i programmi delle reti «all news», a cominciare dalla Cnn, è ancora convinto di poter imporre la sua verità usando gli strumenti di comunicazione diretta che l’hanno proiettato verso la Casa Bianca. Forse riuscirà a passare come uno schiacciasassi su Comey ma non può più fermare l’indagine sul «Russiagate». Per la guida dell’Fbi ha fatto una scelta ibrida: nè un politico capace di difenderlo, nè un interno dell’Agenzia federale, ma Chris Wray, un ex procuratore che ora fa l’avvocato penale e di recente ha difeso il governatore del New Jersey, Chris Christie, un alleato del presidente, nello scandalo «Bridgegate». Ma adesso Trump è in seria difficoltà su due fronti, anche se lo scenario dell’impeachment, col partito repubblicano che lo scarica, rimane remoto: da un lato il presidente è sempre più solo nel difendersi da accuse di ostruzione alla giustizia, oltre che dai sospetti di connivenze coi russi e dalle voci, probabilmente calunniose, di comportamenti moralmente discutibili.
Ieri il partito repubblicano ha cercato di preparare uno schieramento di esponenti conservatori da mandare in onda sulle varie reti tv per difendere Trump subito dopo la deposizione di Comey: ma si sono fatte avanti solo figure di secondo pano. La vera debolezza del presidente è, però, al ministero della Giustizia. Trump è convinto che se Jeff Sessions non avesse ricusato se stesso su tutte le questioni relative al Russiagate, la nuvola di questa indagine non si sarebbe allargata fino a paralizzare la presidenza. Sono circolate ipotesi di rimozione dell’ex senatore dell’Alabama e anche di dimissioni offerte da Sessions al presidente. Ma ormai è tardi: se lo liquidasse dopo averlo umiliato addirittura escludendolo dai colloqui col capo dell’Fbi (che risponde al ministro, non alla Casa Bianca), Trump farebbe fatica a trovare un altro titolare del dicastero affidabile e in grado di essere votato dal Senato. Rimarrebbe, quindi, in carica a tempo indeterminato quel viceministro Rod Rosenstein divenuto assai duro con Trump dopo un maldestro tentativo del presidente di scaricare su di lui la responsabilità del licenziamento di Comey.
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